Dall’Assemblea diocesana 2009: un nuovo sacerdote e l’indizione della visita pastorale

 

GUBBIO (20 settembre 2009) – Ecco qui di seguito il testo integrale dell’omelia del vescovo di Gubbio, mons. Mario Ceccobelli, in occasione della solenne celebrazione appena iniziata in duomo, nella festa della dedicazione della Cattedrale stessa e in occasione della consacrazione come sacerdote di Stefano Bocciolesi. In allegato, invece, trovate la lettera di indizione della prima visita pastorale di mons. Ceccobelli nella diocesi di Gubbio.

“Carissimi,

è bello stare qui con voi, nel giorno anniversario della dedicazione della nostra Cattedrale, per fare eucaristia, per ringraziare il Signore dei suoi doni e del suo amore!

Come è stato bello vivere, nella tre giorni dell’Assemblea diocesana, l’esperienza di essere Chiesa, di essere un popolo che opera seguendo il Risorto, il Vivente, il Signore della vita.

Noi siamo le pietre vive della Chiesa, che ha come fondamento la pietra angolare che è Gesù.

Ce lo ha ricordato l’apostolo Pietro nella seconda lettura:

anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio” (1Pt 2, 5).

L’immagine usata da Pietro è suggestiva ed espressiva.

Anche noi, nel costruire la nostra Chiesa eugubina, dobbiamo fondare la nostra saldezza sulla pietra angolare, che è Gesù Cristo, tenendoci uniti in quello straordinario vincolo d’amore che Egli stesso ci ha assicurato e che Giovanni ha annunciato nel Vangelo di oggi:

Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amato” (Gv 15, 9 – 12).

Per seguire questo comandamento di Gesù, ossia per vivere e trasmettere l’amore, dobbiamo imparare a comunicare con i nostri fratelli, aprendo varchi nelle cortine del nostro egoismo, dedicando tutta la nostra attenzione e la nostra sollecitudine ad ogni fratello e sorella che incontriamo nel nostro cammino per sostenerci a vicenda, per crescere proseguendo insieme la strada.

Proprio sull’esigenza di imparare a relazionarci con gli altri in modo nuovo, più impegnativo, per convergere verso un medesimo intento, abbiamo riflettuto durante i tre giorni dell’Assemblea.

Solo facendoci compagni di viaggio potremo sentirci pietre vive che si collocano armoniosamente, ognuna al suo posto, per costruire l’edificio spirituale che è la Chiesa.

A questo popolo Gesù consegna la Buona Novella da annunciare ad ogni altro popolo e nazione fino alla fine del mondo, come recita il ritornello del salmo: “Annunzierò, Signore, la tua salvezza”.

E questo annuncio non è tanto un dovere, ma l’esigenza di comunicare l’amore di Cristo che è stato riversato nei cuori: “Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi”.

Chi ha sperimentato questo amore non può rimanere indifferente, ma scopre dentro di sé il desiderio di condividerlo con altri fratelli. Da qui nasce la spinta alla missione.

Gli Apostoli percorsero le vie dell’impero per annunciare quanto loro avevano vissuto: quel rimanere nell’amore di Gesù, che consentiva di sperimentare la pienezza della gioia (cfr. Gv 15,11).

In questa liturgia, attraverso l’imposizione delle mie mani e la preghiera di consacrazione, il diacono Stefano diventerà un presbitero della nostra Chiesa. Il sacramento che riceverà lo configurerà a Gesù buon pastore e lo abiliterà ad agire nel suo nome, a portare il suo annuncio come fecero gli Apostoli. Sarà Stefano, con la sua fragile umanità, a rendere visibile ed operante il Risorto.

Questa ordinazione avviene inoltre in un periodo di grazia, nell’Anno sacerdotale indetto dal Santo Padre Benedetto XVI nel 150° anniversario della morte del Santo Curato d’Ars, patrono dei parroci.

A Stefano e a tutti voi offro due riflessioni che in questi giorni ho letto con grande interesse.

La prima è del Santo Padre, che nell’udienza generale del 5 agosto scorso, festa del Santo Curato d’Ars, diceva:

Egli riuscì a toccare il cuore della gente non in forza delle proprie doti umane, né facendo leva esclusivamente su un pur lodevole impegno della volontà; conquistò le anime, anche le più refrattarie, comunicando loro ciò che intimamente viveva e cioè la sua amicizia con Cristo. Fu “innamorato” di Cristo, e il vero segreto del suo successo pastorale è stato l’amore che nutriva per il Mistero eucaristico annunciato, celebrato c vissuto, che è divenuto amore per il gregge di Cristo, i cristiani, e per tutte le persone che cercano Dio. La sua testimonianza ci ricorda, cari fratelli e sorelle, che per ciascun battezzato, e ancor più per il sacerdote, l’Eucaristia “non è semplicemente un evento con due protagonisti, un dialogo tra Dio e me. La Comunione eucaristica tende ad una trasformazione totale della propria vita. Con forza spalanca l’intero io dell’uomo e crea un nuovo noi” (Joseph Ratzinger, La Comunione nella Chiesa, p. 80).

La seconda riflessione è di un amico, un laico autentico, che scrive ad un ipotetico presbitero invitandolo ad aggiungere all’amore per Cristo l’amore per l’uomo.

A me sembra particolarmente adatta anche per Stefano, che inizia il suo ministero sacerdotale nell’ambito del progetto diocesano, che prevede una pastorale attenta all’ascolto, alla persona, alle esigenze umane di ciascuno per offrire a tutti l’opportunità di vivere la gioia del Cristo nelle piccole e grandi cose, nell’alternarsi dei contesti e delle vicende dell’esistenza, per riscoprire l’identità dei singoli e della comunità.

Questo dunque il suggerimento dell’amico laico al presbitero:

Ti chiedo di ricordarmi la santità nelle cose di ogni giorno, nella realtà del mondo, negli impegni condotti bene, nella solidarietà, nella giustizia, nell’attenzione a chi fa fatica, negli operatori di pace. Ti chiedo di propormi una fede incarnata, capace di suscitare interrogativi, dubbi, domande e non dispensare facili o banali certezze. Una fede della normalità, non della eccezionalità. Fa’ poche prediche (e brevi!): vivi coerentemente questa scelta e questa sarà la tua più bella omelia. Sii te stesso con coraggio, non temere di esporti, di affermare cose scomode. Non hai scelto di essere prete per fare carriera né per compiacere tutti: “guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi!”. Vivi l’emozionalità, dà calore alle tue parole, lascia spazio ai sentimenti, a tutto ciò che fa di una persona un uomo vivo, partecipe, attento. … Non temere di confrontarti con chi non condivide le tue idee. Accostati a lui con onestà e ascoltalo. … Fa’ dell’ascolto la tua dote più grande. Non giudicare, non presumere di possedere tutta la verità, capta ciò che pur ci sarà di buono nelle ragioni altrui.

Non ti stancare mai di apprendere.

Studia per tutta la vita. Leggi, approfondisci, discuti, aggiornati: è l’unica via per dialogare con questo mondo complesso. …

Metti a caratteri cubitali nella tua stanza, l’interrogativo del Salmo 136: “Come cantare i canti del Signore in terra straniera?”

E’ la sfida con la quale dovrai confrontarti ogni giorno: “straniera”, o “inospitale”, lo sai bene, non è solo sempre la terra altrui!

Avrai a che fare con gente diversa, giovani con o senza speranze, adulti interiormente ricchi o terribilmente superficiali, vecchi con la paura della morte, oppressi e oppressori, vittime e carnefici, credenti e atei, bestemmiatori e bigotti.

Dovrai rispondere al Padreterno (come tutti) di quel cervello che ti ha fornito, di quei talenti dei quali ti ha dotato: falli fruttare, non sotterrarli.

Non ti accontentare, non “sederti”, non rifugiarti nel ruolo, non farti fagocitare. …

Ti starò vicino, continuerò a ricordarti queste cose con coerenza (almeno, spero) così come ti chiedo di ricordarle ogni giorno a me.

Abbiamo bisogno di un mondo migliore e un piccolo mattone possiamo metterlo insieme. L’utopia, lo sai, è il nome laico della speranza”.

I contenuti di questa lettera scritta dall’amico laico al presbitero mi sembrano in sintonia con quanto si propone il progetto diocesano, che va sviluppandosi dal dibattito del Consiglio pastorale diocesano e dei Consigli parrocchiali, e con alcuni passaggi delle relazioni ascoltate nell’Assemblea diocesana.

E allora, così come – mi auguro – cercheremo di accompagnare i fratelli nel loro cammino, seguiteremo a stare vicini a Stefano, per sostenerlo e incoraggiarlo, pregando per lui come abbiamo fatto anche ieri sera nella veglia a lui dedicata, perché anche noi seguiamo la luce di quell’utopia che è sicura speranza, di quella realtà che è il Cristo risorto.

+ Mario Ceccobelli

vescovo di Gubbio