Diocesi

duomo di gubbio

La diocesi si estende su un territorio geograficamente particolare, nel settore nord-est della regione Umbria. Ha confini pressoché naturali dati a nord-ovest e ad est dalla catena appenninica; ad ovest dalla Alta Valle del Tevere; a sud-est e a sud dal corso del fiume Chiascio.  Per la quasi totalità è territorio di alta collina e media montagna, fatta eccezione per una piccola porzione dell’alta Valle del Tevere e dell’altipiano di Gubbio.  Il territorio risulta particolarmente isolato, distante dalle grandi vie di comunicazione e solo tangenzialmente toccato dal servizio ferroviario.
Storicamente è zona da sempre soggetta ad un forte legame con Roma, sì da poter ricondurre quasi certamente la presenza del cristianesimo nel territorio all’epoca sub-apostolica, quando il centro diocesano era fiorente città romana reiteratamente citata dagli autori latini, fra cui Cesare, Cicerone, Mecenate, Silio Italico ecc. Il “monumentum” più autorevole della presenza cristiana in Gubbio – come diocesi esistente ed articolata già in pievanie e clero organizzato anche nella formazione –  risale al 417; esso consiste in una lettera di Innocenzo I a Decenzio vescovo (Ep. XXV), nella quale si parla espressamente dei “suoi predecessori” e della Chiesa di Gubbio consolidata nella tradizione. Importante, e segno di una chiesa costituita, è la menzione della diocesi eugubina fatta anche da san Girolamo nel suo Epistolario.
In epoca tardo antica ed altomedievale la diocesi era compresa nell’area di influenza ravennate, essendo posizionata lungo il Corridoio Bizantino, e fece parte della primissima donazione Franca al Pontefice, assieme e Nepi e Sutri, come nucleo primordiale di quello che poi sarà lo Stato Pontificio. Nel periodo tra la fine del X e l’inizio dell’XI secolo nel territorio diocesano  (che si ampliò inglobando quello della distrutta Luceoli sulla Via Flaminia, al confine con le Marche) fiorirono numerosi  monasteri, tra i quali  Fonte Avellana, che furono fucina di santità e di scienza. Lo stesso san Pier Damiani fu speciale amministratore della diocesi. Tali monasteri garantirono alla Chiesa eugubina molti santi pastori, tra i quali san Giovanni da Lodi, detto il Grammatico, e san Villano, primo grande sostenitore della riforma di san Francesco. Infatti, se Francesco nacque ad Assisi, si può tuttavia ben dire che il francescanesimo nacque a Gubbio.
Al vescovo Ubaldo Baldassini (1129-1160),  veneratissimo patrono della città e della diocesi,  si deve la riforma e rinascita spirituale del clero, dei Canonici della Cattedrale e del popolo; la riorganizzazione delle parrocchie rurali e la difesa delle libertà civili. Dalla prima metà del Quattrocento, per oltre un secolo, Gubbio assurse al rango di prima città del ducato dei Montefeltro e quindi dei Della Rovere e la sua diocesi venne nobilitata da una serie di vescovi cardinali di prima levatura nella storia della Chiesa (Girolamo e Francesco Della Rovere, Antonio Ferrero, Federico Fregoso, Pietro Bembo, Marcello Cervini, poi papa Marcello II e Giacomo Savelli). Gli episcopati di Cervini (1544-1555) e del suo successore Savelli (1555-1560) segnarono un periodo di rinascita per la vita ecclesiale: vennero riformati Capitolo Cattedrale e Curia vescovile, creati archivio e seminario, riorganizzata la rete parrocchiale, applicate le nuove discipline liturgiche, riformata la disciplina del clero, iniziate le visite pastorali sistematiche. La fine del ducato d’Urbino, del quale Gubbio era il centro maggiore e capitale economica, segnò l’iniziò del declino della città, che divenne un piccolo centro di provincia. Con l’erezione della diocesi di Cagli e Pergola perse anche una larga parte del suo territorio storico sul versante marchigiano, compresa l’Abbazia di Fonte Avellana.
Nei secoli seguenti, la figura di maggiore spicco fu Giuseppe Pecci (1841-1855), insignito anche della porpora cardinalizia, che ebbe parte notevole sia nella stesura del documento con il quale papa Pio IX proclamava il dogma dell’Immacolata Concezione, sia nell’elaborazione del Sillabo.
All’inizio del secolo XX l’opera di insigni figure sacerdotali si pose a baluardo del cattolicesimo e garantì una ricca fioritura di vita cristiana e sociale così da far definire Gubbio ” la Bergamo dell’Umbria”.  Tanto nel primo, come nel secondo conflitto mondiale,  la città e territorio si sono proposti come testimoni di eroismo e di martirio, e soprattutto in tali momenti, il legame con la figura vescovile (specie quella di Mons. Beniamino Ubaldi) ha perpetuato il vincolo che dall’epoca di S.Ubaldo, in poi, ha identificato il rapporto speciale esistente tra diocesi e pastore. Gubbio non sa pensarsi senza il “suo” vescovo.  Il 15 agosto 1972 la diocesi, fino ad allora immediatamente soggetta alla Santa Sede, è entrata a far parte della provincia ecclesiastica dell’arcidiocesi di Perugia (oggi arcidiocesi di Perugia-Città della Pieve).