GUBBIO (28 settembre 2015) – E’ stata davvero una giornata dedicata all’accoglienza, all’inclusione, al dialogo e allo scambio di esperienze, ai giochi e alla musica, senza nessuna barricata o confine a creare divisioni o discriminazioni.
Sono state centinaia le famiglie della diocesi che ieri hanno animato il centro storico di Gubbio con la prima festa a loro dedicata, organizzata dall’Ufficio di pastorale familiare. Tutte insieme hanno portato nelle vie e nelle piazze eugubine la bellezza del “fare famiglia”. Circa 400 persone hanno partecipato al pranzo sotto gli “Arconi” di piazza Grande e oltre il doppio hanno assistito alla messa conclusiva.
L’iniziativa sviluppata intorno al tema “Famiglia, cantiere di speranza”, si è conclusa nel pomeriggio con la Santa Messa in piazza Grande, celebrata dal vescovo, mons. Mario Ceccobelli, insieme al vescovo emerito, mons. Pietro Bottaccioli, e ad alcuni sacerdoti e diaconi della diocesi. Anche il meteo è stato clemente e ha regalato una giornata stupenda alle tante famiglie presenti.
Ecco il testo integrale dell’omelia pronunciata dal vescovo, mons. Ceccobelli, durante la celebrazione liturgica in piazza Grande.
«Carissimi, abbiamo messo, almeno per un giorno, al centro della nostra giornata trascorsa nella piazze della nostra splendida città, la Famiglia.
Lei è stata la protagonista della festa, non in astratto, ma con la presenza di famiglie vere, concrete, formate da un papà, da una mamma, dai figli, dai nonni e dalle nonne, dagli zii e dalle zie.
Oggi abbiamo rivisto con tenerezza e anche con nostalgia la famiglia com’era quando noi più anziani siamo cresciuti e che oggi difficilmente ritroviamo nei modelli che formano la nostra società.
La famiglia è lo spazio vitale dove i figli apprendono tutto: il linguaggio, i gesti, le relazioni umane, i sentimenti ed anche la fede.
I genitori sono i punti di riferimento e i modelli a cui si ispirano i figli, è questo un apprendimento istintivo acquisito per imitazione come avviene in natura anche nelle altre specie viventi.
Da questa constatazione deriva l’importanza della famiglia. Se ai figli vengono a mancare i genitori o se questi non sono capaci di diventare per loro modelli per una sana crescita umana, se da loro non imparano a gestire gli affetti e le pulsioni che sgorgano dal profondo, sorgono molte difficoltà che difficilmente saranno sanate nel corso dell’esistenza.
L’educazione dei figli nei primi anni della vita è decisiva per la loro crescita, per la loro maturazione e la loro felicità.
Questi giorni ne ha parlato anche Papa Francesco ai cittadini di Cuba e dell’America.
“È in casa che impariamo la fraternità, impariamo la solidarietà, impariamo il non essere prepotenti.
È in casa che impariamo ad accogliere e apprezzare la vita come una benedizione e che ciascuno ha bisogno degli altri per andare avanti.
È in casa che sperimentiamo il perdono, e siamo invitati continuamente a perdonare, a lasciarci trasformare.
E’ interessante: in casa non c’è posto per le “maschere”, siamo quello che siamo e, in un modo o nell’altro, siamo invitati a cercare il meglio per gli altri” (Incontro con le famiglie a Cuba).
Papa Francesco riflettendo sulle difficoltà che incontra la famiglia mette in evidenza la solitudine che spesso si vive nel suo àmbito:
“ … scarseggiano i momenti in comune, per essere uniti, per stare in famiglia.
E dunque non si sa aspettare, non si sa chiedere permesso, non si sa chiedere scusa, non si sa ringraziare, perché la casa diventa vuota, non di persone, ma vuota di relazioni, vuota di contatti umani, vuota di incontri, tra genitori, figli, nonni, nipoti, fratelli..“.
E ancora il Papa:
“La famiglia ci salva da due fenomeni attuali, due cose che succedono al giorno d’oggi: la frammentazione, cioè la divisione, e la massificazione.
In entrambi i casi, le persone si trasformano in individui isolati, facili da manipolare e governare”.
E prosegue nella sua riflessione:
“La famiglia è scuola di umanità, scuola che insegna a mettere il cuore nelle necessità degli altri, ad essere attenti alla vita degli altri.
Quando viviamo bene nella famiglia, gli egoismi restano piccoli – ci sono, perché tutti abbiamo un po’ di egoismo –; ma quando non si vive una vita di famiglia si generano quelle personalità che possiamo definire così: “io, me, mi, con me, per me”, totalmente centrate su sé stesse, che ignorano la solidarietà, la fraternità, il lavoro in comune, l’amore, la discussione tra fratelli”.
Sostenere la famiglia in questo compito così importante, così decisivo per l’educazione dei figli alle relazioni con gli altri è compito anche, ma direi soprattutto, delle autorità civili che hanno a cuore il bene della società.
Il mondo della politica e dell’economia deve mettere al centro della sua attività questa cellula che sta a fondamento della società.
Oggi sono necessarie e urgenti leggi che sostengano le famiglie nell’educazione dei figli, che predispongano strutture e provvedimenti capaci di aiutare i coniugi a credere nella vita e a donarla perché la nostra società abbia un futuro.
La Parola ora proclamata e spero ascoltata e accolta, ci ha ricordato il forte desiderio di Mosè, espresso quando gli viene riferito che due uomini, che non avevano partecipato alla preghiera durante la quale lo Spirito era disceso su settanta uomini designati a riceverlo, stavano profetizzando. Mosè viene sollecitato a proibirglielo, ma egli risponde con un fervente auspicio che aveva la sostanza di un’autentica profezia:
«Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore porre su di loro il suo spirito!» (Nm 11,29).
Infatti dopo la morte e la risurrezione di Gesù lo Spirito del Signore discese su tutti ed ancora continua a discendere attraverso i sacramenti della Chiesa: Battesimo e Confermazione.
È lo Spirito di Gesù risorto che ci ha reso tutti profeti nella Chiesa, e che, se viene accolto, rende i genitori capaci di svolgere il loro compito di guida della famiglia e quello di curare la formazione e la crescita dei figli.
Gli sposi cristiani che hanno ricevuto il sacramento del Matrimonio hanno il vigoroso aiuto che viene dallo Spirito, ma sono consapevoli di poter contare su questa potenza che viene dal Signore?
Sono consapevoli i genitori che la forza dello Spirito li può aiutare a superare le inevitabili crisi che la vita, oggi così complessa, pone di fronte a tutti ma in modo particolare a loro?
Sono oggi capaci i genitori di compiere quella essenziale individuazione di ciò che giova veramente alla famiglia e ai figli come ci suggerisce il Vangelo ora ascoltato?
O sono condizionati dai modi di vivere imposti da una società che cerca soltanto il piacere del momento senza tener conto di ciò che vale di più e che va oltre l’immediato?
La famiglia, e quindi la società tutta, si fanno scrupolo di fuggire gli scandali che possono compromettere per sempre il destino dei piccoli rovinandone la serenità e la giustizia che devono accompagnare la loro formazione?
E comunque i danni gravissimi che si possono infliggere ai piccoli travolgono anche coloro che li generano, come ammoniscono le dure e perentorie parole di Gesù nel Vangelo di Giovanni che abbiamo appena ascoltato.
Ma chi può produrre questi danni è sempre un individuo che ha vissuto o vive in una famiglia, dunque è sempre quest’ultima che determina la capacità di distinguere il bene dal male e di indirizzare equamente le menti e le passioni.
Di nuovo il Papa invita la famiglia a vivere, guidata e illuminata dalla fede, intensamente e santamente all’interno del suo àmbito così come all’esterno, nella relazione con gli altri, per non rinchiudersi in una egoistica monade di nessun giovamento alla società con cui necessariamente deve interagire nei modi che spettano al vero cristiano:
“La nostra fede ci fa uscire di casa e andare incontro agli altri per condividere gioie e dolori, speranze e frustrazioni. La nostra fede ci porta fuori di casa per visitare il malato, il prigioniero, chi piange e chi sa anche ridere con chi ride, gioire con le gioie dei vicini. Come Maria, vogliamo essere una Chiesa che serve, che esce di casa, che esce dai suoi templi, dalle sue sacrestie, per accompagnare la vita, sostenere la speranza, essere segno di unità di un popolo nobile e dignitoso.
Come Maria, Madre della Carità, vogliamo essere una Chiesa che esca di casa per gettare ponti, abbattere muri, seminare riconciliazione”.
Care famiglie coraggio, non abbiate paura ad andare contro corrente, i vostri figli, la loro crescita, la loro educazione e la loro felicità sono più importanti di ogni altra cosa, lasciatevi illuminare dalla Parola di Dio e in compagnia di Maria, la Madre che Gesù morente ci ha consegnato, siate impegnati nel costruire la vostra famiglia sulla roccia che è Gesù, il Signore della vita».
+ Mario Ceccobelli