Carissimi fratelli e sorelle, la nostra fede ci fa contemplare, dopo la morte e la risurrezione del Signore Gesù, l’attesa del suo ritorno e la vita piena nella comunione eterna con la Santissima Trinità. È questo l’orizzonte vero della nostra vita terrena, della nostra gioia, di ogni speranza e del nostro desiderio profondo di pace autentica.
Mentre vediamo e viviamo le cose quotidiane non possiamo perdere lo sguardo sull’orizzonte che Gesù ci ha rivelato, altrimenti molto di quello che ci accade perde di senso e di valore. Il cuore dell’uomo, plasmato dalle mani di Dio, anela all’infinito, e comprende i suoi passi solo alla luce dell’eternità. Ecco perché quando questa attesa svanisce e questa speranza si confonde tutto diventa pesante e incomprensibile: la nostra storia e le relazioni, l’amore e la libertà, le fatiche e le sofferenze, la responsabilità e i limiti.
Tutto per quanto buono e desiderabile appare mancante, meno umano, con il respiro corto e con un insidioso senso di precarietà. Solo, e senza un orizzonte così alto, l’animo umano reagisce a partire da sé. Forte solo delle sue debolezze e convinto solo delle sue povertà. Ne scaturiscono atteggiamenti e azioni di chiusura e di isolamento, di risentimento e di giudizio, di presunzione e di autoesaltazione, di esclusione e di aggressività, di violenza e di sopraffazione. Fuori dell’abbraccio amorevole del Signore e lontani dalla sua sorgente inesauribile di vita nuova ciascuno di noi si percepisce orfano, tradito dalla vita e senza tutele. Senza l’esperienza dello sguardo di un Dio Padre, che ci fa riscoprire figli amati, lo spazio della nostra storia ci trasforma in poveri e piccoli padroni della nostra e altrui vita.
Ecco la bellezza del Vangelo che ci narra l’incontro, sulla strada e nel mistero della vita, del Figlio Gesù con noi figli dispersi e assetati. Un Dio Padre, che ha creato tutto per la sua creatura prediletta, e che continuamente si prende cura del suo cammino di libertà. Un atto di amore e di passione con cui il Signore entra nella storia umana coinvolgendosi, e quasi confondendosi, con la fragilità e la debolezza della sua creatura. Lo stupore di un amore mai visto che riscatta ogni figlio smarrito perché non abbia a perdersi tra gli inganni del mondo.
Il dono di una vita creata eterna, ferita a morte dal male, salvata dall’amore che vince la morte, perché torni a credere nel suo essere fatta per l’eternità. È questa vita che noi credenti in Gesù risorto celebriamo quando facciamo memoria dei nostri cari che hanno passato le porte della morte terrena. È questa fede che anima il nostro camminare negli anni della nostra esistenza. È questa gioia che sostiene le nostre scelte e le nostre responsabilità quotidiane. È questa la sola speranza che dà luce e direzione alle stagioni del nostro vivere. Il Signore della vita e della storia ci guidi verso la meta eterna!
Don Luciano, vescovo
- Il vescovo Luciano Paolucci Bedini celebra la memoria dei defunti nel cimitero monumentale di Gubbio
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