GUBBIO (30 giugno 2008) – Sabato scorso, 28 giugno, nella Chiesa di Cristo Risorto a Umbertide, è stato ordinato un nuovo diacono nella diocesi eugubina. Si tratta di Dario Orsini, giovane sposato e da sempre molto attivo nella realtà ecclesiale umbertidese.
Ecco il testo integrale dell’omelia del vescovo, mons. Mario Ceccobelli, in occasione della solenne celebrazione dell’ordinazione. Carissimi, la Chiesa eugubina oggi è in festa per l’ordinazione diaconale di Dario, figlio di questa comunità parrocchiale. Quella che stiamo sperimentando è una gioia che si connota di gratitudine; prima di tutto verso il Signore, datore di ogni dono, poi per la famiglia di Dario, i suoi genitori, sua moglie e i suoi bambini.
La vocazione di Dario viene da lontano, noi ora stiamo raccogliendo il frutto maturo, ma in germe c’era già dal giorno del suo battesimo. È con quel rito sacramentale che viene consegnato ad ogni cristiano un patrimonio, un bagaglio, una serie di carismi, perché il nuovo figlio di Dio, che è generato dall’acqua e dallo Spirito, possa vivere in pienezza la propria vocazione e possa contribuire ad edificare la Chiesa – Corpo di Cristo. Questo rito di ordinazione è stato preceduto da un attento discernimento, che ha avuto come primo protagonista il parroco don Luigi, poi don Gerardo, i presbiteri di questa zona e per ultimi in ordine di tempo, a conferma del carisma, il vescovo Pietro e il vescovo Mario.
L’itinerario della vocazione di Dario, ovvero la sua scoperta, il successivo discernimento e la sua maturazione, che questa sera riceve il suo sigillo, può diventare un percorso esemplare per tutti voi, fratelli carissimi. Spesso m’interrogo su quanti carismi (doni dello Spirito) non scoperti e quindi non utilizzati ci sono nella nostra Chiesa diocesana. Dall’assemblea dello scorso anno ci stiamo interrogando su come dare un volto nuovo, missionario, alle nostre comunità parrocchiali. Cerchiamo di individuare nuove strategie, nuovi linguaggi, ma spesso prevale il pessimismo e la sfiducia e siamo indotti a credere alla impossibilità, per l’uomo moderno, di accogliere il messaggio di Gesù.
Non dobbiamo cedere alla sfiducia e tantomeno al pessimismo. Dobbiamo ricercare la soluzione del problema impegnandoci a scoprire carismi che lo Spirito, vero protagonista della vita della Chiesa, depone in germe in ogni battezzato. Dobbiamo avere l’incrollabile fiducia che per ogni tempo e per ogni società ci sono dati i carismi adatti. Sono questi che dobbiamo attivare per essere in grado oggi di presentare il messaggio liberante di Gesù.
Da questa considerazione scaturisce il primo compito del vescovo e dei presbiteri sui preziosi collaboratori: ricercare i carismi, aiutare chi li possiede a prenderne coscienza, spingere ogni cristiano alla loro valorizzazione e convincerlo che si moltiplicano solo mettendoli a servizio della comunità. Questo è il primo dovere di ogni cristiano. Questo è stato l’itinerario che ha seguito anche Dario.
La parrocchia non è stata per lui la stazione di servizio dove andare per il rifornimento spirituale, come purtroppo è per molti cristiani; è stata invece la comunità di riferimento per la conoscenza del Signore, per un’esperienza intima di Lui nei Sacramenti e per un cammino comune con gli altri fratelli. E’ vivendo così che i talenti germinali si sono maturati e si sono trasformati in servizi preziosi per la comunità, fino a quando è emerso il carisma più bello, più pregiato, quello di cui avevano bisogno la comunità parrocchiale di Cristo Risorto e l’intera zona pastorale di Umbertide.
“ Certo, Dario era già impegnato nella comunità parrocchiale, ma adesso, con il Sacramento dell’Ordine, eserciterà i suoi servizi, alcuni dei quali già svolti finora, con una energia nuova, quella che scaturisce dalla grazia propria del Sacramento, che lo aiuterà a camminare più speditamente sulla via della santità. La stessa grazia lo stimolerà a vivere alla maniera di Gesù, che è venuto per servire e dare la vita per i suoi fratelli. Coltivare questa spiritualità non è altro che lasciarsi continuamente raggiungere dall’onda lunga di quella Grazia, che a partire dal momento dell’ordinazione, accompagna l’essere e l’agire di ogni diacono, come pure di ogni presbitero e di ogni vescovo. Lo spirito del servizio è la caratteristica del diacono, che pervade tutta la sua vita.
Sulla Parola proclamata in questa vigilia della solennità dei santi apostoli Pietro e Paolo, desidero offrirvi due riflessioni. Nella seconda lettura Paolo descrive chiaramente il disegno che Dio ha su di lui: “quando Dio, che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia, si compiacque di rivelare in me il Figlio suo perché lo annunciassi in mezzo alle genti, subito…mi recai…”.
Paolo riconosce con chiarezza che Dio ha un progetto su di lui e che da quando era ancora nel seno di sua madre era destinato alla predicazione del Vangelo. Questo lo posso affermare anch’io, come pure il vescovo Pietro ed ogni presbitero e diacono, tutti noi chiamati, amati e destinati alla evangelizzazione, fin dall’eternità.
Ma su tutte le creature Dio ha un progetto, e vorrei che ciascuno di voi s’interrogasse su quale è il suo, perché solo realizzandolo entriamo in armonia con tutti i fratelli e con tutto il creato riuscendo a trovare la pienezza e la gioia della vita. Ma insieme alla chiamata Dio ci fornisce anche gli strumenti necessari per realizzare il suo progetto su di noi. Caro Dario, è questa convinzione che deve rasserenare il tuo cuore, forse turbato dai compiti che con l’ordinazione sei chiamato a svolgere.
Il vangelo ora proclamato ci presenta l’altro protagonista della solennità: Pietro. A lui Gesù affida la Chiesa, la comunità dei suoi discepoli, ma prima di consegnargliela gli pone per tre volte la domanda: “Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?…mi ami?…mi vuoi bene?”. Accettare di essere ordinati diaconi, presbiteri e vescovi è prima di tutto questione di cuore. Il ministero episcopale, presbiterale e diaconale è fondato sull’amore personale per Gesù,è il frutto e la manifestazione di questo amore.
Dario carissimo, che ogni giorno risuoni nel tuo cuore la domanda di Gesù e faccia chiedere a te stesso: è davvero l’amore incondizionato per Lui la molla e la chiave di tutto il mio operare?
Con l’ordinazione tu sei abilitato ad agire in nome e con l’autorità di Gesù: fa in modo che anche il tuo cuore sia sempre in sintonia con il suo, affinché anche le tue azioni siano percepite dai fedeli come azioni di Gesù stesso. Ma non soltanto tu: anche la comunità cristiana deve interrogarsi.
Chiediamo innanzitutto ai presbiteri e ai diaconi di essere testimoni di questo amore, oppure pretendiamo da loro cose lontane da questa realtà distintiva, quindi irrilevanti, addirittura dispersive o mondane? Se mancano molti e buoni ministri è forse anche colpa delle comunità che non li desiderano davvero così, che li gravano oltre ogni misura con compiti al di là delle loro forze e non pertinenti al loro ministero, che sono per loro motivo di frustrazione e di amarezza. La comunità deve chiedere ai presbiteri e ai diaconi ciò per cui sono stati ordinati, deve essere pronta a sostenerli nelle loro fatiche, incoraggiarli ad essere in primo luogo testimoni dell’amore di Gesù.
Carissimi, fratelli e sorelle membri di questo popolo santo, non abbiate paura di scoprire la vostra vocazione, non abbiate paura di vivere da figli di Dio, non abbiate paura se sentite risuonare quell’invito: seguimi. Seguire Gesù è camminare nella luce, avere il cuore ricolmo di gioia.
Seguire Lui, come hanno fatto Dario, Luigi, Gerardo ed ogni presbitero, è l’avventura più affascinante che possa capitare a una creatura umana. Coraggio, allora, non abbiate paura. La Madre che Gesù morente ci ha consegnato sia la nostra compagna di viaggio e ci aiuti a tenere sempre acceso il fuoco dell’amore.
+ Mario Ceccobelli
vescovo di Gubbio