GUBBIO (23 ottobre 2008) – Il vescovo di Gubbio, mons. Mario Ceccobelli, interviene sulla questione degli insegnanti di religione cattolica nella scuola pubblica, sollevata nelle settimane scorse dal sindaco Orfeo Goracci in una nota sulla riforma Gelmini. Ecco di seguito il testo della lettera inviata dal Vescovo al primo cittadino:
“Non senza meraviglia ho letto, nella nota del sindaco Orfeo Goracci del 25 settembre 2008, divulgata dall’agenzia di stampa dell’amministrazione comunale, relativa alla riforma della scuola del ministro Gelmini, l’inciso sugli insegnati della religione cattolica. Mentre trovo la protesta legittima e su molti punti condivisibile, ciò che stona è il seguente passaggio: “In quali altri paesi d’Europa esistono circa 30.000 insegnanti di religione “cattolica” che pagano tutti i contribuenti italiani (assunti non con concorso ma con scelte dei Vescovi)?”.
Vorrei far notare che i docenti di religione a scuola non insegnano il catechismo – per questo c’è prima la famiglia e poi la parrocchia – ma presentano la dottrina cattolica come fatto culturale. Non si può infatti negare il contributo che il Cattolicesimo ha dato e continua a dare al patrimonio storico e culturale del nostro Paese. Senza conoscere i contenuti del cattolicesimo è praticamente impossibile comprendere la stragrande maggioranza delle espressioni artistiche e culturali presenti in Italia, in Europa e nel resto del mondo. Per gli eugubini, ad esempio, senza la conoscenza della religione cattolica, sarebbe difficile comprendere la festa di sant’Ubaldo e la “Corsa dei Ceri”.
Al numero 30 della revisione del Concordato si legge chiaramente: “La Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado. Nel rispetto della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori, é garantito a ciascuno il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi di detto insegnamento”.
Stupisce non poco constatare come quella degli insegnanti di religione cattolica sembri divenuta l’unica categoria di lavoratori ai quali non si ritiene doveroso riconoscere dei diritti. La loro stessa esistenza viene contestata e considerata una “spesa” ingiustificata nel bilancio dello Stato italiano. La cosa è ancora più anomala se si pensa alla protesta di parte del mondo sindacale quando, qualche anno fa, a questa categoria di insegnanti venne riconosciuta la possibilità di diventare di “ruolo”. Si è trattato dell’unico esempio di protesta sindacale per il riconoscimento di un diritto dei lavoratori.
Vorrei inoltre precisare che:
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i docenti di religione cattolica sono stati assunti in buona parte, e cioè per il 70 per cento dei posti disponibili riferiti all’anno scolastico 2003, con un concorso per titoli ed esami stabilito dalla L. 186/03 ed effettuato l’anno seguente. Di questo fatto, ed è grave che chi abbia parlato non ne sia a conoscenza, si possono trovare tutti i riferimenti in qualunque momento anche in internet (es. www.anir.it );
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in relazione al concorso va precisato che i docenti hanno sostenuto una prova scritta ed una prova orale, che non tutti hanno superato il concorso e quindi non tutti sono entrati nel “ruolo”;
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le prove vertevano sulla pedagogia, la didattica, le metodologie, il funzionamento scolastico, l’ordinamento scolastico, insomma discipline importanti nella scuola ma non direttamente coinvolgenti l’insegnamento della disciplina specifica in questione: ciò a maggior riscontro della professionalità degli insegnanti di religione;
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i docenti sono stati esaminati da personale già in ruolo nella scuola, appositamente scelto dall’Ufficio scolastico regionale, e non comprendente insegnanti di religione cattolica;
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questo esame, al contrario delle maggior parte se non di tutti gli altri realizzati per docenti di altra disciplina, prevedeva la messa a concorso del 70 per cento dei posti riscontrati al 2003 e non del 100 per cento. Sono stati assunti 15.000 insegnanti già in servizio da diversi anni in qualità di precari.
Forse il Sindaco dimentica che:
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secondo la normativa italiana, le assunzioni dei docenti di religione cattolica non sono scelte dei Vescovi, ma nomine effettuate d’intesa con i dirigenti scolastici ai quali è data facoltà di non accettare la proposta fatta;
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i docenti di religione cattolica permangono nel precariato a vita, non essendoci una direttiva diversa che prevede, dopo l’unico concorso attuato con 20 anni di ritardo rispetto al previsto (secondo le norme in vigore), la loro assunzione in organico;
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tale insegnamento è impartito nella scuola da personale laico con famiglia a carico, che forse, in quanto facente parte a tutt’oggi del mondo del lavoro, andrebbe comunque tutelato;
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diversi docenti di religione cattolica, al pari di molti docenti precari, a causa del numero insufficiente di ore di lezione, non hanno una cattedra completa e vivono con uno stipendio a dir poco ridicolo.
Questa nota non vuole aprire una polemica, ma offrire un contributo alla chiarezza, e rettificare quanto, forse in un passaggio poco meditato, è stato affermato dal nostro Sindaco.
+ Mario Ceccobelli
Vescovo di Gubbio