Casa Sport: quando il calcio diventa speranza e integrazione

L'allenatore di Casa Sport parla coi i suoi giocatori sul terreno di gioco

Sul campo, ogni giovedì, il sole scende lentamente dietro le colline di Gubbio, tingendo d’oro le case e i volti sudati dei ragazzi che corrono dietro a un pallone. Non ci sono bandiere, né lingue da decifrare, se non quella universale del gioco. Qui, tra un passaggio e un dribbling, tra un sorriso e un incoraggiamento, si costruisce qualcosa che va ben oltre il calcio. Si chiama Casa Sport ed è un progetto che ha il sapore semplice e potente della speranza. Non è nato per caso. Nasce da una domanda, da quelle che fanno bene, perché spingono ad agire: come può la comunità contribuire davvero all’integrazione di chi arriva da lontano, portando con sé sogni, ferite e desideri?

L’incontro tra Centro missionario e Sai

Questa domanda ha un nome e un volto: quello del Centro missionario diocesano di Gubbio, che da sempre si occupa di missioni nel mondo ma che ha scelto di guardare anche al vicino, al prossimo, proprio lì, nelle strade della propria città.

L’incontro con il Sai di Gubbio – il Sistema di accoglienza e integrazione – avvenuto quasi per caso durante una serata dedicata alla Giornata mondiale del rifugiato, ha acceso la scintilla. In quell’occasione si parlava di chi vive “chiuso dentro”, come raccontava il libro presentato da Luca Rondi sui Centri di permanenza per i rimpatri (Cpr) italiani. Ma qualcuno ha sentito il bisogno di aprire, di spalancare porte e finestre. Da quell’incontro è germogliata un’idea semplice quanto rivoluzionaria: creare un luogo informale, libero e spontaneo in cui persone accolte e giovani del territorio potessero incontrarsi davvero. Non solo nei corridoi di un corso di lingua o in un’aula di formazione, ma su un campo da gioco, dove si corre tutti nella stessa direzione.

Quando il calcio è aperto e inclusivo

Casa Sport è una squadra di calcio aperta e inclusiva, dove lo sport non è solo allenamento ma anche incontro, ascolto, fiducia. Un progetto che ha preso forma grazie alla sinergia tra il Centro missionario e il Sai di Gubbio, sostenuto da partner come la cooperativa sociale Corinzi 13, e seguito con cura da un allenatore qualificato e da uno psicologo specializzato nell’uso dello sport come strumento educativo. Dal novembre scorso, ogni giovedì sera, una ventina di ragazzi si ritrova sul campo: dieci accolti dal Sai e una dozzina di giovani eugubini. Ragazzi che magari non si sarebbero mai incontrati ma che ora si aspettano, si riconoscono, si chiamano per nome.

A proposito, il nome scelto per la squadra non poteva essere più eloquente: Casa Sport. Perché il calcio, qui, diventa casa. Un rifugio sicuro dove sperimentare il rispetto reciproco, la responsabilità, il valore del gruppo. E dove, allenamento dopo allenamento, si impara a stare insieme non per obbligo, ma per scelta.

Le sfide per il futuro

Certo, le sfide non mancano: trovare un campo adatto, rendere stabile e strutturato questo progetto, aprirsi ai tornei e a nuove collaborazioni. Ma il desiderio di continuare è forte, alimentato da ogni stretta di mano, da ogni gol, da ogni risata condivisa. Ora, l’idea per fine estate è quella di ritrovarsi per una cena organizzata dal Centro missionario, con il sostegno della diocesi: sarà l’occasione per ascoltare le storie di questi ragazzi, per dare voce ai loro sogni, ai loro traguardi, alla loro voglia di futuro. Perché, in fondo, è questo che accade ogni giovedì su quel campo: si costruisce un futuro nuovo, uno in cui nessuno rimane “chiuso dentro”.

Un futuro in cui la speranza corre veloce, proprio come un pallone tra amici. Mettersi in contatto con loro è semplice, basta chiamare il numero telefonico 3389621943 o scrivere una mail a centromissionariogubbio00@gmail.com. La storia è stata raccontata nei giorni scorsi da La Voce, il settimanale delle Chiese umbre, e rilanciata dal sito web della Diocesi di Gubbio.

La galleria fotografica