Una sala gremita, un ascolto attento e un filo comune che ha unito tecnica, memoria e speranza. È stato questo il clima che si è respirato lunedì 27 ottobre nella Sala multimediale del Comune di Cantiano, dove si è svolta la presentazione pubblica del restauro della Collegiata di San Giovanni Battista e del progetto “Memoria futura: Cantiano, radici e semi di comunità”, due percorsi diversi ma strettamente intrecciati, promossi dalla Diocesi di Gubbio. A poco più di tre anni dall’alluvione che devastò il paese, l’incontro ha rappresentato molto più di un aggiornamento tecnico: è stato un momento di comunità, un racconto collettivo di rinascita che ha tenuto insieme le pietre e le persone.
Una serata partecipata e intensa
La serata si è aperta con il saluto del parroco don Marco Cardoni, che ha ricordato le ore drammatiche dell’alluvione del 2022, sottolineando poi come “la Collegiata non è solo un edificio, ma un cuore pulsante di fede e di identità per tutti i cantianesi”. Da lì si è snodato un racconto in due capitoli: il primo dedicato al progetto di restauro, il secondo al percorso sociale e culturale di “Memoria futura”.
Il restauro della Collegiata: proteggere la storia, prevenire il futuro
L’architetto Elisa Pascolini, del team dei progettisti dell’intervento, ha tracciato il quadro generale dei lavori, accompagnata dal direttore dei lavori, arch. Alessandro Bonci, e dall’architetto Daniele Fabbretti.
“L’alluvione del 2022 – ha ricordato Pascolini – ci ha fatto capire che quanto sembrava un evento eccezionale non lo era affatto: le alluvioni a Cantiano si sono ripetute molte volte nella storia. Da lì siamo ripartiti per pensare un progetto che non solo restaurasse, ma mettesse in sicurezza la Collegiata, rendendola capace di resistere e convivere con l’acqua”.
Un progetto che si distingue per l’approccio “pilota”: sistemi di drenaggio, impianti ripensati “dall’alto verso il basso”, materiali e tecniche costruttive orientate alla rapidità di deflusso e alla manutenzione preventiva. “Vogliamo tenere l’acqua più lontano possibile – ha aggiunto – e al tempo stesso restituire la chiesa alla sua comunità. È un lavoro che unisce memoria e innovazione”.
Le istituzioni: “Cantiano può essere un modello”
Al tavolo sono intervenuti anche i rappresentanti delle istituzioni. Per la Regione Marche, il vicepresidente dell’Assemblea legislativa Giacomo Rossi – in rappresentanza del presidente Francesco Acquaroli – ha definito l’intervento sulla Collegiata “un progetto importante e direi avveniristico, che guarda alla prevenzione come parte integrante della ricostruzione. È un segnale concreto di come la Regione stia accompagnando, passo dopo passo, il cammino dei territori colpiti”.
Il vice commissario per l’emergenza alluvione 2022, ing. Stefano Babini, ha fatto una panoramica del lavoro della Struttura commissariale in questi tre anni di lavoro, durante i quali sono state impegnate risorse per 400 milioni di euro, con un quadro complesso e articolato di interventi, focalizzando l’attenzione anche su quelli messi in campo sul territorio cantianese. Poi si è complimentato per la qualità del progetto di recupero e restauro della Collegiata cantianese, auspicando che – al termine della fase emergenziale – tutte le istituzioni possano collaborare e “fare squadra” per trovare insieme nuove risorse necessarie per completare le opere rimaste indietro o parzialmente finanziate.
Il sindaco Alessandro Piccini ha ringraziato tecnici e maestranze per il lavoro svolto “con serietà e dedizione”, e ha rilanciato con forza la necessità di completare le opere di messa in sicurezza del territorio. “Oltre ai restauri – ha detto – serve un impegno condiviso per ridurre il rischio idraulico. Cantiano non può più vivere con l’incubo dell’acqua: vogliamo una sicurezza definitiva”.
“Memoria futura”: ricucire i legami della comunità
La seconda parte della serata ha acceso i riflettori su un percorso altrettanto importante: “Memoria futura”, ideato e promosso dalla Diocesi di Gubbio come laboratorio di rigenerazione sociale dopo la tragedia dell’alluvione, sostenuto dal Fondo di beneficenza di Intesa Sanpaolo.
Le due operatrici, Giorgia Gaggiotti (educatrice) e Valentina Bellomaria (psicologa), hanno presentato un progetto pensato “per accompagnare le persone nel processo di adattamento a un contesto che è cambiato, ma che può ancora essere vissuto come spazio di futuro”.
“Vogliamo aiutare la comunità – ha spiegato Gaggiotti – a rielaborare l’esperienza del trauma e a immaginare insieme il domani. Cantiano ha radici forti: da quelle vogliamo far germogliare semi nuovi di partecipazione e fiducia”.
Il percorso, già avviato nelle scorse settimane, si articola in tre fasi: raccolta delle memorie attraverso incontri e interviste nei luoghi simbolici (scuole, Casa Amarena, ospedale Savini); attività partecipative come passeggiate urbane e laboratori di progettazione collettiva; e infine la restituzione pubblica con un archivio digitale e una pubblicazione conclusiva. “L’obiettivo – ha aggiunto Bellomaria – è che ciò che emerge non vada perduto, ma resti come patrimonio condiviso, e che nel frattempo nascano facilitatori locali capaci di portare avanti questa energia anche dopo la fine del progetto”.
Il vescovo: “Le aree interne sono una risorsa, non una sconfitta”
A chiudere la serata è stato il vescovo di Gubbio, Luciano Paolucci Bedini, che ha voluto sottolineare il valore umano e spirituale di questo percorso: “La resilienza della comunità e la speranza di tutti coloro che si sono impegnati vengono premiate dall’incontro fra cittadini, progettisti e istituzioni. È una sinergia che porta frutti buoni. Le cosiddette aree interne non sono una sconfitta, ma una risorsa preziosa da cui riparte il futuro che tutti attendiamo”.
Oltre la ricostruzione materiale
L’incontro di Cantiano ha mostrato che ricostruire non significa solo rimettere a posto le pietre, ma anche ricucire le relazioni e rigenerare la memoria di una comunità. Temi e spunti ripresi e rilanciati anche da Lorenzo Rughi, responsabile dell’Ufficio Edilizia di culto, e da Elisa Polidori, responsabile dell’Ufficio Beni culturali ecclesiastici, entrambi della Diocesi di Gubbio. Da una parte la precisione dei tecnici e la concretezza delle opere, dall’altra la forza delle storie e dei volti che le abitano: due piani diversi che ora sono chiamati a camminare insieme.


