La Chiesa eugubina ha ricordato l’anniversario della Canonizzazione del vescovo e patrono, sant’Ubaldo, con liturgie e altre iniziative. Il momento culminante è stato martedì 4 marzo, con la celebrazione solenne nella Basilica ubaldiana, anticipata di un giorno – rispetto alla ricorrenza del 5 – per la coincidenza con il Mercoledì delle Ceneri.
Il video integrale dell’omelia
L’omelia del vescovo Luciano Paolucci Bedini
Trent’anni dopo la morte di Ubaldo, la memoria della sua grandezza, della sua santità, era ancora così forte che il popolo eugubino pressò in maniera insistente il Santo Padre di allora, perché lo canonizzasse, lo facesse santo, al punto tale che questo particolare è ricordato nella bolla di canonizzazione. Il Papa dice al Vescovo: “Hai insistito così tanto che non potevo dirti di no”.
Se fosse stata una carica di potere, di successo, l’avremmo denigrata questa insistenza. E invece è stata un’insistenza di bene, per amore, di gratitudine nei confronti del nostro Santo Patrono. Ma perché gli eugubini hanno insistito così tanto? Perché hanno desiderato così tanto che il vescovo Ubaldo, che loro conoscevano benissimo, fosse riconosciuto universalmente tra i santi del calendario cristiano. Io penso che un primo motivo, forse primo anche per importanza, è perché gli eugubini sentivano, anche dopo decenni, il grande bene che avevano ricevuto dal vescovo Ubaldo.
Era talmente tanto il bene che avevano ricevuto che non solo non si cancellava, ma aveva bisogno di un riconoscimento, aveva bisogno di una ufficializzazione, aveva bisogno, come dice la tradizione cristiana, della corona di gloria che Dio dà ai suoi figli fedeli. E questo tanto bene che il vescovo Ubaldo ha voluto a questo popolo è raccontato anche dalle cronache delle sue biografie, laddove tante volte si dice che molti singoli piccoli gruppi, uomini e donne, giovani e anziani, religiosi e preti andavano da lui e cercavano in lui un aiuto. C’era chi cercava l’aiuto per rafforzare la propria fede e seguire il Signore, e Ubaldo si poneva come un buon padre spirituale, un uomo che invitava alla preghiera, che ricordava a tutti di rivolgersi sempre e solo al Dio della pace e della misericordia, perché da lì tutte le grazie arrivano.
Diversi, molti, si rivolgevano a Ubaldo per la sofferenza, perché soffrivano loro stessi nel corpo o nello spirito, o alcuni familiari, parenti e amici. E Ubaldo accoglieva ciascuno di essi, confortandoli con le parole della fede, ma soprattutto ricordando che questa vita, che alle volte subisce anche l’ingiuria della violenza, della sofferenza, della malattia e della morte, non è l’ultimo atto della nostra vita. E che la pienezza della nostra esistenza è custodita nei cieli, laddove tutti siamo attesi dall’abbraccio del Padre. Con questo incoraggiamento, Ubaldo tanti li ha accompagnati anche ad accogliere, ad accettare e qualche volta superare anche la sofferenza, magari anche con dei gesti che noi oggi riconosciamo come miracolosi.
A nessuno Ubaldo ha detto “non ci sono”, per nessuno non si è fatto trovare, per tutti è stato padre, fratello, guida. E allora io penso che tutto questo amore che gli eugubini avevano ricevuto dal vescovo Ubaldo non poteva non portarli a desiderare con forza, quasi a pretendere dalle mani del Papa, questo riconoscimento della canonizzazione. Il bene, quando viene da Dio anche attraverso le mani di un povero uomo come era Ubaldo, come tutti noi, però porta un frutto di bene.
Nessuno dimentica il bene che ha ricevuto. Un altro motivo che sicuramente ha spinto in quel tempo il popolo eugubino a chiedere con forza – insieme al loro Vescovo – che Ubaldo fosse canonizzato è il tanto bene che Ubaldo ha voluto a questa città e a questa terra. Perché lo ricordiamo tutti che Ubaldo non è stato solo un uomo di virtù spirituale, guida e pastore della sua chiesa, ma – come era uso al tempo – è stato anche un appassionato difensore della città, un grande esempio di virtù civile e sociale.
Quante volte ha voluto aiutare il popolo a riprendere in mano, a ricostruire ciò che era stato distrutto, a trovare la pace e la riconciliazione attorno a questioni che dividevano le famiglie e la città, come non ricordare l’intercessione davanti a Federico Barbarossa. Allora questo amore che Ubaldo come vescovo e padre ha voluto a questa città credo sia assolutamente un altro grande motivo radicato nel cuore degli eugubini di allora, scolpito nella loro memoria. Come quando tornò dopo che la città era stata distrutta da un incendio e fu lui ad animare il popolo a ricostruirla, a ripartire, a riprendere. Ecco, io penso che queste due grandi motivazioni sono il cuore di questa insistenza – all’eugubina mi verrebbe da dire -, questa santa insistenza, perché forse il motivo più profondo, che non so se fosse stato cosciente allora, per cui con forza i figli di Ubaldo hanno chiesto al Papa di farlo santo, è perché la sua memoria attraversasse i secoli e giungesse fino a noi.
L’essere diventato santo – un grande santo, un pastore santo, un così grande patrono per questa città, per questo territorio, per questa diocesi – fa sì che noi ancora oggi ci riconosciamo nella sua paternità, ci sentiamo devoti della sua potenza d’amore, del suo esempio di uomo di pace, di mitezza, di riconciliazione. E questo è importante perché allora quelle due motivazioni – il bene che Ubaldo ha voluto a ciascuno dei suoi figli e il bene che ha voluto all’intera città e al popolo eugubino – queste due motivazioni attraversando i secoli nella memoria del nostro Santo patrono, sapete cosa diventano? Diventano lo sprone più forte a che noi oggi possiamo continuare con le nostre vite, con il nostro esempio, con le nostre scelte, la testimonianza santa di Ubaldo vescovo, perché voler bene si può voler bene anche oggi, perché di persone che hanno bisogno di voler bene ce ne sono anche oggi, perché tutti abbiamo bisogno di incontrare altri che si propongono a noi come fratelli, come padri, come compagni di viaggio. E questo non ci è impedito se ancora la fede di Ubaldo anima il nostro cuore.
Pensate cosa potrebbe essere questa città, questa Chiesa e questo territorio se tutti portassimo nel cuore – e soprattutto nelle mani e magari anche nelle parole – l’esempio di bene di Ubaldo, vescovo e padre. Ma questo vale anche per la città. Torniamo a voler bene a questa città: non contro gli altri, non per farci più belli degli altri, per voler bene a questa nostra città, a questa nostra terra, per dire che noi siamo figli di questa terra e l’amiamo talmente tanto che il nostro esserci, il nostro abitarci, il nostro viverci deve tradursi continuamente nel prenderci cura di tutto ciò che è insieme nostro.
Non è di nessuno in maniera esclusiva, ma di tutti. Compete al bene di tutti e all’impegno di tutti. Che Ubaldo – patrono, vescovo, padre – ci aiuti a essere degni della sua santità e della sua testimonianza.
+Luciano Paolucci Bedini
Vescovo di Gubbio
La galleria fotografica
- La celebrazione della Canonizzazione 2025 nella basilica di Sant’Ubaldo
- Il vescovo Luciano celebra la Canonizzazione 2025 nella basilica di Sant’Ubaldo
- I fedeli nella basilica di Sant’Ubaldo
- Il vescovo Luciano celebra la Canonizzazione 2025 nella basilica di Sant’Ubaldo
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