L’11 settembre 1194 il corpo di S. Ubaldo fu trasferito sul monte Ingino, in una chiesetta edificata poco al di sotto della rocca, nei pressi della pieve di San Gervasio. Fu il vescovo Bentivoglio ad assumere questa decisione. La leggenda racconta che in sogno fu lo stesso S.Ubaldo a chiedere al suo successore di indire un digiuno cittadino di tre giorni e, subito dopo, di porre il suo corpo su di un carro trainato da giovenchi indomiti, lasciandoli liberi di andare: il luogo dove si sarebbe fermato il carro era quello prescelto dalla Provvidenza. Così fu fatto. I giovenchi imboccarono la via che portava al monte e si fermarono presso la piccola chiesa di San Gervasio. I due rami utilizzati per stimolare i giovenchi, piantati in terra, germogliarono originando due splendidi olmi. Da allora l’Ingino diventò il “Colle eletto dal Beato Ubaldo”, come lo chiamerà Dante nell’XI canto del suo Paradiso: il monte scelto da S. Ubaldo perché gli eugubini di tutte le generazioni potessero rivolgere verso lassù lo sguardo, fiduciosi.
Durante gli otto secoli seguenti a quella data, il corpo di Sant’Ubaldo venne riportato in città solo cinque volte: nell'agosto 1919, in occasione della fine della prima guerra mondiale, con il vescovo Carlo Taccetti, per mostrare “gratitudine a S. Ubaldo che accompagnò i figli sulla cima delle Alpi”; nel settembre 1929, con il vescovo Pio Navarra, per festeggiare solennemente l'ottavo centenario della consacrazione di S. Ubaldo a Vescovo di Gubbio (1129); nel maggio 1960, con Beniamino Ubaldi, in occasione dell'ottocentenario della morte; nel settembre 1986, con il vescovo Ennio Antonelli, in occasione del nono centenario della nascita, e, infine, nel settembre 1994, essendo vescovo Pietro Bottaccioli, a ricordo della “traslazione” avvenuta otto secoli prima.
La canonizzazione e la traslazione
Per un anno intero, dopo la morte di Ubaldo, si protrassero a Gubbio manifestazioni di straordinaria devozione: ininterrotti i pellegrinaggi della gente che portava al vescovo ceri accesi. Tutta la popolazione lo venerava già come santo. Ma fu Papa Celestino II che, con apposita bolla, data dal Laterano il 5 marzo 1192, lo canonizzò, annoverandolo ufficialmente tra i campioni esemplari della fede cattolica e chiedendo agli eugubini di festeggiarlo, come già avevano cominciato a fare, hilariter, cioè con gioia.