GUBBIO (12 aprile 2010) – Nell’era globalizzata, l’evento della rappresentazione della Passione di Cristo può costituire un antidoto efficace non solo alla “morte di Dio” – intesa come svilimento del valore della fede – ma anche alla morte della comunità, ovvero alla perdita dei suoi caratteri identitari.
Queste le prospettive per il futuro che emergono a bilancio della tre giorni di convegno nazionale sul tema “Sacre rappresentazioni: arte, etica, Vangelo delle comunità”, che si è svolto a Gubbio e Cantiano durante il weekend che si è appena concluso. Le giornate di studio hanno messo in evidenza come la sacra rappresentazione, una tradizione religiosa e popolare diffusa quanto antica, abbia trovato linfa vitale non solo nel proprio valore intrinseco, ma soprattutto nella partecipazione popolare, un’autentica resurrezione per la comunità.
Il convegno di studi ha proposto innanzitutto una ricostruzione efficace della storia delle sacre rappresentazioni pasquali, identificandone alcuni momenti salienti. Nella giornata di sabato si è parlato dei canti confraternali della Settimana Santa, repertori polivocali di tradizione orale ancor oggi praticati in diverse regioni italiane. L’intervento di Elvio Lunghi ha messo in luce la geniale intuizione di san Francesco d’Assisi, il quale, fattosi “giullare di Dio”, ha teatralizzato le lodi in volgare umbro e ne ha enfatizzato la vocazione catechistica: un’eredità, questa, che si può rintracciare anche nella tradizione rappresentativa dei Sacri Monti. Successivamente, Carla Bino ha chiarito come la rappresentazione del mistero pasquale costituisca la “rivoluzione cristiana dello spettacolo del dolore”: in esso, infatti, l’esibizione della sofferenza non è fine a se stessa, ma implica da parte di chi guarda la responsabilità del testimone compartecipe del dolore dell’altro.
Ampio spazio si è dato alle realtà che testimoniano concretamente l’attualità del fenomeno delle sacre rappresentazioni in Italia. In questo contesto, si è parlato delle sue diverse declinazioni nella diocesi eugubina (in particolare, la “Turba” di Cantiano e la Processione del Cristo Morto di Gubbio), e dell’esperienza del coordinamento nazionale “Europassione per l’Italia”.
In occasione della tavola rotonda di Cantiano, che ieri ha concluso i lavori del convegno, si è fatta luce sul rapporto inscindibile che lega teatro sacro e tradizioni popolari. La rivalutazione di questo legame, che passa necessariamente per una promozione specifica del territorio, dipende soprattutto dalla partecipazione popolare, vera e propria anima della festa, capace addirittura di “reinventare” il senso della comunità sotto il segno di un patrimonio condiviso.