Francesco Allegrini: la storica dell’arte Manuela Nocella ne anticipa il centenario

Se finora si immaginava di celebrare il quarto centenario dalla nascita di Francesco Allegrini nel 2024, il ritrovamento dell’atto di battesimo del pittore di origini umbro-marchigiane cambia le carte in tavola e coglie tutti di sorpresa. Un compleanno da 400 candeline che cade proprio il 31 maggio di quest’anno, grazie alle ricerche e alla scoperta fatta da Manuela Nocella nell’Archivio storico diocesano di Napoli. Come ha dimostrato la storica dell’arte e ricercatrice romana, Francesco Allegrini nasce dunque nella città partenopea l’ultimo giorno del mese di maggio del 1623 e il prezioso ritrovamento documentario consente di anticipare di un anno la notizia fornita da Filippo Baldinucci, ritenuta attendibile fino a oggi. Un importante passo avanti nello studio della sua storia familiare e professionale, e di quella del padre Flaminio (1586 ca – 1666), a lungo legata a un’interpretazione errata dei dati anagrafici da parte di alcuni biografi e della critica. Un’imprecisione che ha influito anche sulla corretta attribuzione e cronologia delle opere dei due artisti. Ne abbiamo parlato proprio con Manuela Nocella, che proprio a Gubbio ha compiuto una parte rilevante dei suoi studi su Allegrini.

L’anticipazione con un filmato da Palazzo Pamphilj

 

L’intervista con Manuela Nocella

Come ha conosciuto Francesco Allegrini? Quando ha avuto inizio la sua ricerca?

La storica dell’arte Manuela Nocella

Era il 2003 e, giovane laureanda in cerca dell’argomento per la tesi, mi trovavo a Gubbio. Entrata nella chiesa della Madonna del Prato, fu una sorpresa scoprire una copia del San Carlino alle Quattro Fontane di Borromini dipinta! Mi documentai sull’autore degli affreschi, e da lì a poco capii che sulla sua biografia e opera c’era molta confusione. Aveva avuto un padre o un figlio pittore? O tutti e due? Nasce negli anni ’80 del ’500 o intorno al 1620? Queste erano solamente le iniziali incertezze e molte altre si sono poi susseguite andando avanti nello studio. Insomma, le cose troppo facili non mi sono mai piaciute, per cui, poco dopo, ricordo bene il momento in cui mi presentai dalla mia professoressa Fiorenza Rangoni con una pesante pila di materiale trovato in Biblioteca Sperelliana, su tutto quello che avevo reperito dell’Allegrini (in particolare gli studi degli storici locali più antichi e i contributi di Cece, Sannipoli e Paolo Salciarini, quest’ultimo diventato fin da subito il primo entusiasta sostenitore del mio lavoro e che non smetterò mai di ringraziare). A due anni dalla laurea, discussa nel 2005, è arrivata la monografia su Flaminio e Francesco”.

Come è arrivata a scoprire l’atto di battesimo? Quale pista ha seguito?

“Dopo aver condotto la ricerca documentaria a Gubbio, Cantiano e Roma, ho voluto fare un tentativo anche a Napoli, poiché Flaminio era documentato nella città partenopea tra il 1617 e il 1622. Cercando tra gli atti di battesimo della parrocchia di Santa Maria Assunta, cioè il duomo, dove il padre aveva lavorato, è finalmente emerso il dato che cercavo da tempo e che permette di sistemare in maniera sostanziale la cronologia e l’opera di Francesco”. 

Ad oggi, c’è ancora confusione nella critica tra l’attività del padre e del figlio?

“Purtroppo ancora molta, ma ci stiamo lavorando. Certo è che l’analoga aderenza delle produzioni pittoriche di Francesco e Flaminio allo stile del Cavalier d’Arpino, maestro di entrambi, ha avuto un peso nel ’pastiche’ che si è trascinato fino ai giorni nostri. In particolare, l’analisi dell’opera grafica, davvero molto ricca per entrambi, sta dando buoni frutti e mi auguro che proceda bene”. 

Qual è il legame di Francesco Allegrini con Gubbio e l’Umbria?

“Francesco è il pittore secentesco più importante di Gubbio. I suoi legami con la città nascono certamente dalla provenienza della sua famiglia dalla vicina Cantiano, al tempo umbra e poi divenuta marchigiana. Nonostante il padre Flaminio lasci presto, circa quattordicenne, questi luoghi, per recarsi a Roma e diventare uno dei più stretti allievi e collaboratori di Giuseppe Cesari, detto il Cavalier d’Arpino, il rapporto con l’Umbria resta sempre molto stretto. Francesco vive facendo la spola tra Roma e Gubbio e infatti spesso è documentato nello stesso anno in entrambe le città. Soprattutto, diventa un protetto del vescovo Alessandro Sperelli e di Giovan Battista Pamphilj, divenuti nel 1644, rispettivamente vescovo e papa, quest’ultimo con il nome di Innocenzo X”.

Due figure molto importanti per la sua carriera, quindi…

“Sì, grazie a loro otterrà le sue commissioni più importanti. Per lo Sperelli, tra il 1652 e il 1654, realizza la decorazione della Cappella del Sacramento nel duomo di Gubbio, e circa vent’anni dopo, dirige il cantiere della chiesa della Madonna del Prato. Tra il 1655 e il 1659 il pittore è a capo di un cantiere nel Palazzo Pamphilj di piazza Navona, dove si conserva l’indiscusso capolavoro, suo apice cortonesco, ovvero la sala con le storie di Enea e Didone, corrispondente alla camera da letto di papa Innocenzo X. Un dato molto importante, che è al centro di ulteriori approfondimenti che sto portando avanti in questi mesi, è che i Pamphilj erano originari di Gubbio, e per la realizzazione di affreschi di sette sale nella porzione del loro palazzo destinata all’appartamento privato del pontefice, molto probabilmente scelgono l’Allegrini anche in virtù della sua provenienza e grazie ai legami con letterati e cardinali appartenenti al comune ambiente culturale. Inoltre, il secondo maestro di Francesco, Pietro da Cortona, aveva dipinto la Galleria Pamphilj tra il 1651 e il 1654, e all’epoca la Galleria e l’appartamento del papa erano comunicanti (ora sono separati, la prima è nella parte del Palazzo che dal 1960 è sede dell’Ambasciata del Brasile, mentre il secondo oggi appartiene a un privato)”.

A Gubbio, Allegrini lavorò anche per altri committenti?

“In provincia, Francesco proseguì l’attività iniziata a Roma per ricche committenze private (tra cui gli Altieri e i Costaguti), con famiglie locali come i Ranghiasci, i Della Porta, i Galeotti e da dopo il 1661, citando Marabottini, si mise ’a sfornar pale d’altare, come un piccolo Cortona’”.

Qualche idea per celebrare a Gubbio questo quarto centenario e, più in generale, questo importante artista?

“Direi, continuando a dedicargli incontri e conferenze, come quella dello scorso marzo alla Madonna del Prato, e perché no, con una mostra, preziosissima occasione di ulteriori studi, approfondimenti, restauri e fondamentale per la ricostruzione della fisionomia di un pittore che è parte integrante nella storiografia artistica della città di Gubbio”.

Francesco Allegrini alla Madonna del Prato

Madonna del Prato: riapre le porte il "gioiello" barocco di Gubbio

Il pittore nella cappella del Santissimo Sacramento in Cattedrale

Gubbio: riapre la Cattedrale dei SS. Mariano e Giacomo