La Chiesa eugubina celebra la Resurrezione del Signore con la Veglia pasquale nella notte santa, insieme al vescovo Luciano. Ecco il podcast audio e il testo integrale dell’omelia pronunciata da mons. Paolucci Bedini nella Cattedrale dei Santi Mariano e Giacomo di Gubbio.
Ascolta la meditazione del vescovo Luciano
Il testo integrale dell’omelia
I discepoli di Gesù l’avevano conosciuto bene e lo avevano seguito perché chiamati uno per uno per nome. Avevano lasciato tutto per il maestro Gesù. E andare dietro quel maestro li aveva entusiasmanti, aveva cambiato la loro vita. Gesù aveva donato loro le sue parole, nuove parole, che riempivano il cuore, che aprivano gli occhi: non sono venuto per i sani ma per i malati, sono qui per i peccatori non per i giusti, misericordia io voglio e non sacrificio, io sono venuto per servire e non per essere servito, beati i poveri, beati gli afflitti…
Quante parole avevano scaldato il cuore dei discepoli di Gesù. Però, la morte di Gesù uccide anche quelle parole, per quanto fossero parole di vita, parole nuove, parole di grazia, parole che guardavano avanti: erano morte con il loro maestro. Gesù aveva donato ai suoi discepoli dei gesti potenti, sollevando gli ammalati, toccando i lebbrosi, resuscitando i morti, entrando nelle case, spezzando il pane per chi aveva fame, andando incontro e ascoltando la vita di chi faticava a sentirsi figlio di Dio. Ma anche tutti quei gesti erano morti con Gesù. E se quei gesti potevano rappresentare un nuovo modo di essere figli di Dio o meglio la verità di essere creature del Padre misericordioso, purtroppo con quella croce così terribile e quel sepolcro così pesante erano ormai chiusi per sempre.
Gesù aveva donato anche dei racconti meravigliosi che toccavano il cuore e sconvolgevano la vita. Aveva parlato loro di Dio dicendo di un Padre misericordioso che aveva due figli e che fino alla fine li aspettati fuori di casa perché tornassero a essere quello che erano: figli del Padre. Aveva raccontato loro del seminatore che esce, esce e semina dappertutto, anche sui terreni più duri, perché la sua speranza che quel seme possa germogliare è infinita, è immensa, va oltre ogni limite, ogni ipotesi. Aveva parlato loro del pastore buono che addirittura la lascia 99 pecore per cercarne una sola che s’è smarrita.
Ma anche quei racconti e quell’immagine di Dio, che tanto aveva scaldato il cuore dei discepoli e li aveva entusiasmati, anche quel Dio sembrava ormai chiuso da quella pietra pesante. E vedete, anche per noi, la verità della Pasqua passa per questa domanda che si fanno le donne la mattina presto andando al sepolcro: chi ci farà rotolare via la pietra dell’ingresso del sepolcro? Perché questa domanda va oltre ogni possibilità che esse avevano di continuare ancora a onorare ormai il corpo morto di Gesù. I discepoli uomini se ne erano andati. Le donne hanno resistito sotto la croce fino all’ultima goccia di sangue, fino alla sepoltura, fino al giorno dopo, per poter onorare quel corpo ormai straziato dalla morte. Ma comunque tutto era finito.
Eppure questa domanda, che sembra una domanda quasi retorica e forse inutile – chi ci farà rotolare via la pietra all’ingresso del sepolcro? – questa è la domanda che anche noi dobbiamo continuare a farci, perché quella pietra – dice il Vangelo – era già stata fatta rotolare, benché fosse molto grande.
Ecco vedete, fratelli e sorelle, la Pasqua ci annuncia questo: che tutto ciò che Gesù ha fatto, ha detto e ha insegnato ai suoi discepoli non è più chiuso dentro quel sepolcro, per sempre da quella pesante pietra che noi non sappiamo far rotolare. Perché, quello che noi non sappiamo fare, Dio l’ha fatto per noi e quel sepolcro aperto ha lasciato finalmente uscire la luce di una vita nuova, che dice che tutto quello che Gesù aveva detto e vissuto con i suoi discepoli è vero, è possibile, trova forza e dà senso alla nostra vita di discepoli di oggi.
Possiamo credere alle parole di Gesù. Davvero il Dio di Gesù è quel padre buono che cerca la pecorella smarrita. Davvero quella casa è sempre aperta e quella mano che getta il seme non smette mai di sfidare le nostre durezze e le nostre chiusure di cuore. Davvero il Signore è venuto per servire la nostra vita e darci la forza di fare della nostra vita un dono di servizio per gli altri, e che solo in lui e con lui e con la forza di quell’amore che l’ha tenuto inchiodato sulla croce noi possiamo immaginare sperare e vivere una vita diversa, una vita nuova, una vita vera e piena, così come il Signore l’ha pensata e ce l’ha donata.
I primi due frutti della Pasqua sono che Gesù Risorto, incontrando i suoi, li raduna ancora una volta attorno a sé, così come quando li aveva chiamati. E secondo, riempie il loro cuore di gioia: stare con lui, insieme a lui e sentire la gioia profonda di una vita che ha vinto la morte dentro di noi, questo è ciò che ci viene donato il giorno di Pasqua. E questo è ciò che noi possiamo vivere nella Chiesa e questo è ciò che ancora la Chiesa annuncia, dopo secoli e secoli, convinta che quella potenza di amore non è finita. Anzi si rinnova continuamente, convinta che nessuna pietra, per quanto pesante, per quanto possa appesantire la nostra vita e schiacciare la nostra vita, quando anche noi attraversiamo momenti di solitudine, di buio, di fatica, di incomprensione, di sofferenza…
Quante forme di morte toccano la nostra vita, ma nessuna in Gesù ci tiene per sempre legati: quella pietra è stata fatta rotolare una volta per sempre. A noi il compito solo di andare a vedere, a chinarci su quelle bende ormai vuote, per credere, tornare a seguire il maestro Gesù e ascoltare la gioia che cresce nel nostro cuore, perché la nostra vita non sia più quella di prima e perché anche la nostra vita diventi annuncio di una vita nuova per tanti nostri fratelli e sorelle. Buona Pasqua.
+Luciano Paolucci Bedini