Il progetto è ambizioso e coinvolgerà le Chiese diocesane di Gubbio e Città di Castello per tutto il prossimo decennio. Da qualche settimana sta girando nelle parrocchie, tra i sacerdoti e tra i laici impegnati nella vita pastorale, grazie alla diffusione attraverso i fogli di collegamento delle due diocesi guidate dal vescovo Luciano Paolucci Bedini. Si tratta del progetto “Vino nuovo in otri nuovi”, per la nascita di nuove Comunità pastorali. Un percorso pensato per cominciare a realizzare – spiega proprio il vescovo Luciano – un “necessario rinnovamento della nostra comunità diocesana a partire da una riorganizzazione e un rilancio della vita cristiana nel nostro territorio”.
Il contesto della partecipazione alla vita della Chiesa
Sono evidenti, ormai da tempo, i segni di una progressiva diminuzione di affezione e di partecipazione alla vita della Chiesa, soprattutto da parte dei giovani. Ci sono poi la forte riduzione delle vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata, come anche il crescente allontanamento delle giovani famiglie. Un fenomeno che non riguarda solo le Chiese diocesane di Gubbio e Città di Castello, ma l’intero territorio nazionale.
Ripensare la presenza delle comunità cristiane sul territorio
Questo quadro indica l’urgenza di ripensare le comunità cristiane sui territori, nelle forme, nei modi e nei tempi. Per circa un anno, mons. Paolucci Bedini ha lavorato all’elaborazione di un nuovo progetto pastorale insieme ai sacerdoti e ai diaconi. E ora è arrivato il momento di renderlo pubblico e di chiedere a tutti i fedeli di esprimere la loro opinione, dare il proprio contributo e suggerire eventuali modifiche.
“La bozza del progetto ‘Vino nuovo in otri nuovi’ – spiega il vescovo Luciano – nasce nel giugno del 2023, come idea di rilancio delle unità pastorali, partendo però dalle condizioni di oggi che ovviamente sono molto cambiate e che ci presentano una realtà ecclesiale in forte diminuzione a tutti i livelli, soprattutto nella parte più giovanile. I nostri territori si stanno spopolando e c’è anche un forte disaffezione nei confronti dell’esperienza ecclesiale cristiana. Quindi abbiamo bisogno di ripensare come vivere nel territorio la nostra presenza di Chiesa e la nostra storia di comunità cristiana. Papa Francesco e i suoi predecessori da tanto tempo ci chiedono di spostare l’azione pastorale sul fronte missionario, quindi sul fronte di un nuovo annuncio del Vangelo. Questo progetto serve per questo: per cominciare a mettere le basi di quella che sarà la Chiesa del futuro”.
Le nuove Comunità pastorali a Gubbio e Città di Castello
Cosa si intende per Comunità pastorale (Cp) secondo questo nuovo progetto? È una porzione della Chiesa diocesana presente in un determinato territorio, capace di sviluppare e sostenere tutte le dimensioni della vita ecclesiale ed è formata anche da più parrocchie. Lo scopo di questo progetto di riordino delle parrocchie attuali è quello di raccogliere il popolo di Dio di un determinato territorio per vivere – nella comunione fraterna – tutte le dimensioni della vita ecclesiale, prendersi cura dei vari ambiti pastorali e rinnovare la spinta missionaria sul territorio.
Sacerdoti, diaconi e laici per organizzare la Cp
Nel concreto, la Comunità pastorale è guidata da uno o due sacerdoti con l’aiuto di uno o più diaconi, responsabili di ambiti particolari, e di alcuni fedeli a servizio di ogni ambito pastorale, anche grazie ai ministeri laicali che possano aver ricevuto. Tutti insieme formano un equipe pastorale che coordina l’attività di evangelizzazione. In una delle parrocchie della Comunità pastorale ci sarà il centro di riferimento e di coordinamento, il “cuore” della Cp dove vivere le celebrazioni principali dell’anno liturgico, gli incontri unitari e quelle iniziative che coinvolgono tutti i fedeli.
Canoniche per la vita comune dei sacerdoti ma non solo
Un centro dove la casa canonica possa essere abitata dai sacerdoti, perché la vita comune dei preti è una grande testimonianza. Allo stesso tempo, potrebbe ospitare anche altri fratelli e sorelle che vivono a servizio della Cp: una famiglia, dei consacrati, giovani e anziani. Insomma, uno spazio di accoglienza e condivisione dove tutti possano sentirsi di casa. Le case canoniche delle altre parrocchie che formano la comunità potranno essere affidate a fratelli e sorelle (diaconi, sposi, famiglie, consacrati, giovani volontari) che possano abitarvi mettendosi a servizio delle necessità delle parrocchie stesse, in uno stile aperto di fraternità e di condivisione.
Consiglio pastorale e Consiglio affari economici
Sono due gli organismi chiamati a farsi carico della vita della Cp: il Consiglio pastorale, che con stile sinodale discerne e indirizza l’esperienza cristiana della comunità tutta, in comunione con le indicazioni pastorali diocesane; il Consiglio per gli affari economici unitario che si occupa della gestione e dell’amministrazione dei beni comuni di tutta la Cp e ne rende conto ogni anno pubblicamente.
L’evangelizzazione e lo stile sinodale
Questo nuovo volto della Chiesa nel territorio delle diocesi di Gubbio e Città di Castello – spiega ancora il documento “Vino nuovo in otri nuovi” – avrà come unica ispirazione il vivere il Vangelo e il suo annuncio, in questo tempo di cambiamento d’epoca. Si fonderà perciò sullo stile sinodale che la Chiesa sta sperimentando in questi anni a tutti i livelli: tutti i battezzati – laici, religiosi, diaconi e presbiteri – dovrebbero essere consapevoli di essere discepoli-missionari, imparando a essere corresponsabili della vita della comunità ecclesiale e della testimonianza del Vangelo.
L’intervista al vescovo Paolucci Bedini
Don Luciano, dunque un itinerario che incrocia quelli della Chiesa di oggi, dal Sinodo dei vescovi della Chiesa universale al Cammino sinodale della Chiesa italiana, come anche quelli delle Chiese locali eugubina e tifernate…
“Questo progetto raccoglie tutte le sfide e tutte le tematiche che stanno emergendo sia dal Cammino sinodale delle Chiese che sono in Italia, che quest’anno affronta la terza e ultima fase con le due assemblee nazionali che dovrebbero portare il loro frutto, sia l’esperienza stessa del Sinodo mondiale che ha risvegliato il desiderio e il bisogno di essere Chiesa in stile sinodale”.
Perché la scelta dell’immagine evangelica del ‘vino nuovo in otri nuovi’?
“Perché ciò che va rinnovato, riorganizzato e rilanciato non sono le strutture. Ma è il cuore stesso dell’esperienza ecclesiale, quella comunità di fratelli e di sorelle che prova a vivere il Vangelo, che custodisce questo dono ricevuto dal Signore e che lo condivide nel territorio anche con chi non viene dall’esperienza ecclesiale, l’ha lasciata o la sta lasciando, è critico oppure ha bisogno di un nuovo annuncio. L’idea è proprio quella di dare nuovo vigore e una nuova identità alla comunità cristiana. Il primo frutto del Vangelo, quando è accolto e diventa vita, è la fraternità e noi abbiamo bisogno oggi di rilanciare fraternità che siano non solo vivaci, per la gioia del Vangelo che hanno ricevuto, ma anche accoglienti e capaci di mettersi al servizio di tutti gli altri”.
Nella bozza di questo primo documento, vari punti indicano come dovrebbe vivere la fede la Comunità pastorale. Quali sono gli elementi più importanti?
“La comunità è quella porzione di popolo di Dio che è capace di vivere tutte le dimensioni della vita cristiana: non solo la liturgia o solo la carità o solo l’educazione, la missione o la fraternità. Ma tutte insieme. Rispetto a quelle comunità antiche che sono le parrocchie, che in gran parte nei nostri territori ormai sono ridotte a piccoli nuclei addirittura spesso senza sacerdote, questa nuova comunità la pensiamo come una rete, un intreccio, una solidarietà fraterna tra parrocchie più piccole e più grandi dove si possano vivere tutte le dimensioni della vita cristiana. Così le parrocchie non sono chiuse, ridotte, abbandonate, selezionate o escluse. Ma sono tutte rivalutate all’interno di una rete più ampia”.
Tutto ciò non sarà per decreto o con un colpo di mano del vescovo, giusto?
“Abbiamo immaginato un tempo e una modalità più elastici possibile, perché sarebbe inutile e controproducente imporre un cambiamento a cui nessuno di noi, in realtà, è preparato. Però dobbiamo essere molto concreti nel renderci conto che, se non vogliamo lasciar languire l’esperienza cristiana nelle nostre terre, dobbiamo rilanciare la nostra presenza e il nostro modo di vivere il Vangelo. Questo cambiamento non lo fanno i sacerdoti e nemmeno il vescovo per decreto, né alcuni laici, magari più disponibili. È necessario che tutto il popolo di Dio venga aiutato a comprendere e a interpretare una stagione nuova”.
Si comincia da Città di Castello con tre Cp
Le prime Comunità pastorali a iniziare il cammino comune tra parrocchie diverse sono a Città di Castello. Una Cp sarà quella del centro storico, con Cattedrale, Santa Maria delle Grazie e Santa Maria Maggiore. Nell’immediata periferia, i francescani minori si occuperanno della Cp che comprende San Pio X, San Giovanni Battista agli Zoccolanti, Santa Lucia e San Martino D’Upò. Infine, le parrocchie di San Secondo, Croce di Castiglione, Gioiello, Marcignano e Monte Santa Maria Tiberina. I prossimi mesi e anni saranno decisivi per un dialogo fra le comunità locali e le Chiese diocesane eugubina e tifernate, in modo da condividere le scelte, a cominciare dalle Assemblee ecclesiali che riuniscono in queste settimane le Chiese eugubina e tifernate. Chiunque può scrivere al vescovo Luciano per condividere il proprio pensiero e le proprie riflessioni, attraverso una mail inviata a vescovo@diocesigubbio.it oppure vescovo@diocesidicastello.it.