Don Pirro Scavizzi: il Papa ne riconosce le virtù eroiche di servo di Dio

Don Pirro Scavizzi

Nella giornata di ieri, papa Francesco ha ricevuto in udienza il cardinale Angelo Becciu, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Durante l’incontro, il Santo Padre ha autorizzato la Congregazione stessa a promulgare i decreti riguardanti l’eroicità delle virtù di alcuni servi di Dio e la conferma di alcuni episodi miracolosi, attribuiti a beati e servi di Dio, come – ad esempio – il giovane venerabile Carlo Acutis, il cui corpo è custodito nel santuario della Spogliazione ad Assisi.

Tra i decreti autorizzati dal Pontefice c’è anche quello che ufficializza l’eroicità delle virtù del servo di Dio Pirro Scavizzi, sacerdote della diocesi eugubina. Don Pirro nacque a Gubbio il 31 marzo 1884. Trasferitosi a Roma insieme alla famiglia, nel 1900 entrò nel Collegio Capranica, studiando alla Pontificia Università Gregoriana. Con alcuni suoi compagni, emise il voto di rinunciare agli onori per dedicarsi al servizio dei più umili.
Il 7 luglio 1907 fu ordinato sacerdote e venne nominato vicario parrocchiale della parrocchia di San Vitale a Roma. In contemporanea, collaborò con i Sacerdoti missionari imperiali che avevano assunto il compito, come sacerdoti romani, di predicare gratuitamente le missioni al popolo dell’ex territorio pontificio. Durante il servizio in parrocchia, il servo di Dio divulgò la spiritualità mariana, si dedicò ai giovani, alle vocazioni e agli ammalati. Nel 1915 prestò il servizio di cappellano militare. Con l’Ordine di Malta accompagnò un treno-ospedale, sperimentando direttamente il dramma della guerra.
Nel 1919, Scavizzi ricevette l’incarico di parroco di Sant’Eustachio in Roma. Anche qui, valorizzò le attività dei laici e si dimostrò instancabile nella predicazione e nelle confessioni. Con le sue doti di musicista creò canti e poemi per diverse occasioni liturgiche. Insieme a mons. Ermenegildo Florit, futuro arcivescovo di Firenze, ed Eugenio Zolli fondò l’associazione “Nostra Signora di Sion” per sostenere l’amicizia ebraico-cristiana. Accompagnò anche diversi “Treni bianchi” (Unitalsi) come cappellano, per portare gli ammalati – tra loro anche molti sacerdoti – da Roma a Lourdes.
Visse momenti di profonda prova quando, nel 1929, fu accusato di aver violentato e ucciso una ragazza. Il Sant’Uffizio si occupò del caso, il vicario di Roma prese provvedimenti, ma fu provata la sua totale innocenza.
Nel 1932 don Pirro presentò al vicario le dimissioni da parroco e si dedicò completamente alla predicazione con i Missionari imperiali. Con la Seconda Guerra mondiale, il servo di Dio riprese il ruolo di cappellano militare dell’Ordine di Malta, affrontò viaggi in Russia e in Polonia per volontà del Santo Padre, al fine di prendere contatto con i vescovi dei paesi occupati. A Roma si adoperò a favore degli ebrei durante l’occupazione tedesca.
Dopo la guerra, continuò la sua missione di predicatore, spesso nella modalità delle missioni popolari. Nel 1947 fu nominato da Pio XII suo prelato domestico. Nel 1960 fu chiamato da San Giovanni XXIII a predicare gli esercizi al Papa e alla Curia romana.
Nel 1964 gli fu diagnosticato un tumore all’intestino. Morì il 9 settembre 1964 a Roma.
Secondo il decreto della Congregazione delle Cause dei Santi, il servo di Dio don Pirro Scavizzi visse eroicamente la virtù della fede, che si manifestava soprattutto nel fervore con cui celebrava la santa messa. Inoltre trascorreva lunghe ore in adorazione, era devoto della beata Vergine Maria e si dedicava alla cura delle anime con la celebrazione del sacramento della Riconciliazione. Don Pirro si fidava completamente della Divina provvidenza, così da essere animato da un’incrollabile virtù della speranza. La sua carità era evidente nell’annuncio della Parola di Dio, soprattutto ai poveri. Soffriva per i peccati, ma era comprensivo con i peccatori. Visitava spesso gli infermi. Ebbe una carità particolare verso gli ebrei. Visse poveramente per aiutare il prossimo bisognoso.
Il grado eroico delle virtù, lo manifestò nella resistenza alla fatica, nelle tante ore trascorse al confessionale, nella sopportazione paziente dei dolori fisici nel periodo della malattia. Fu un sacerdote tutto dedito alle anime, dalla fede forte, nutrita dalla preghiera e dall’amore del prossimo donato senza risparmio.