Il territorio eugubino, le nuove forme di povertà, dovute spesso alle crisi familiari e sociali, il ruolo di chi è impegnato in “prima linea” sul campo. E’ stato un vero e proprio “convegno-laboratorio” quello organizzato dalla Caritas diocesana di Gubbio per mettere intorno a un tavolo responsabili e operatori dei servizi sociali territoriali, realtà associative che si occupano di accoglienza, operatori pastorali e parrocchiali.
In occasione della terza Giornata mondiale per i poveri, indetta da papa Francesco, l’appuntamento dal titolo “Chi ascolta, chi ascolta?” è stato utile per instaurare un dialogo e un confronto fra tutte quelle persone che – a vario di titolo, per professione o per fede – hanno l’opportunità di incontrare i poveri ogni giorno. Non a caso, il convegno è stato ospitato dall’“Aratorio familiare”, associazione che in questi ultimi anni è diventata un punto di riferimento e di solidarietà per l’intera comunità.
Assistenti sociali, insegnanti, volontari delle parrocchie e di varie associazioni, sacerdoti, educatori e psicologi, rappresentanti del mondo delle istituzioni e del privato sociale si sono messi in discussione con l’obbiettivo di elaborare una linea condivisa su una tematica molto importante e centrale come quella dell’“ascolto”.
Una partecipazione molto attiva e interessata, che alla fine ha delineato un quadro positivo delle attività nel settore, ma – allo stesso tempo – ha fatto emergere significative criticità.
«È affiorata dagli interventi – spiega Giuseppe Carbone della Caritas diocesana – la preoccupazione per la complessità e la diversità delle “nuove povertà”, legate alla sfera psicologica e spirituale. In particolare, è la crisi delle relazioni familiari e sociali a produrre le maggiori fragilità e vulnerabilità nelle persone».
Coloro che ogni giorno incontrano e ascoltano vecchi e nuovi poveri del territorio hanno evidenziato come spesso sia difficile farsi ascoltare dalla politica, dai media e da tutti quei soggetti che hanno il dovere di presentare progetti di medio e lungo periodo nell’ambito delle politiche sociali.
«Chi ha partecipato al nostro incontro – aggiunge Carbone – è consapevole che si debba uscire da logiche emergenziali per fare posto allo studio, alla formazione, all’analisi dei bisogni del territorio, per dare voce ai poveri, accompagnarli e metterli al centro delle nostre comunità. Guardare in faccia alle povertà, paradossalmente, può essere una grande occasione di crescita, soprattutto per le nuove generazioni. Chi ha bisogno degli altri per vivere ci insegna a combattere due brutti mali del nostro tempo: l’individualismo e l’autosufficienza».