GUBBIO (20 settembre 2010) – Con la solenne concelebrazione in Cattedrale, presieduta dal vescovo, mons. Mario Ceccobelli, si è chiusa l’annuale Assemblea ecclesiale della diocesi di Gubbio. Ecco il testo integrale dell’omelia pronunciata ieri pomeriggio alle ore 17:
“Carissimi, desidero condividere con voi la gioia per quanto abbiamo vissuto in questi giorni di assemblea. Già avevo scritto nella lettera del 6 agosto scorso, indirizzata ai presbiteri della diocesi, “torneremo in seminario per vivere questa esperienza di comunione e per ravvivare le nostre relazioni, a cominciare da quella con il Signore, presente nell’Eucaristia, per poi passare a quelle tra i membri della comunità cristiana che è in Gubbio”.
Abbiamo sperimentato in queste tre sere in cui la Chiesa di Gubbio si è riunita insieme al suo pastore, come è bello che i fratelli vivano insieme (Sal 133,1), come è bella e gratificante la comunione ecclesiale, come è emozionante sentire il Signore risorto presente in mezzo a noi.
L’apostolo Paolo è stato maestro nell’allacciare le relazioni tra i fratelli della comunità; abbiamo capito che la comunità cristiana non rassomiglia a nessuna delle aggregazioni umane. La Chiesa non è un’azienda da organizzare secondo progetti e programmi di efficienza e di fabbricazione di un prodotto da vendere. È una comunità raccolta intorno al Signore risorto, tenuta unita dalla relazione con Lui, ed è proprio questo contatto che rende possibili le vere relazioni tra i fratelli.
Mi è rimasto impresso il clima di preghiera, di raccoglimento e di silenzio che aleggiava nella sala durante l’adorazione eucaristica e che raramente avevo avvertito nelle altre assemblee. La stessa sensazione è stata condivisa, così alcuni mi hanno riferito, da molti fratelli. In quel momento abbiamo sperimentato quello che ci suggeriva il nostro relatore, mons. Nazzareno Marconi, con l’esempio dei raggi della ruota della bicicletta. Gesù eucaristia ci aveva catturati in modo da convergere tutti nel suo cuore, e in Lui ci siamo ritrovati uniti come fratelli e discepoli dello stesso maestro.
Questa è la Chiesa, ed ognuno di noi ne fa parte e ne è responsabile. Ciascuno di noi può renderla più unita e quindi più bella e capace di testimoniare, con la parola e con l’esempio, il messaggio del Signore, o può renderla meschina e litigiosa, incapace di svolgere i compiti che Gesù le ha affidato. Non sarà certo luce del mondo, né lievito che fermenta una Chiesa sempre in conflitto per rivendicare posizioni o ragioni volte alla gratificazione personale più che all’annuncio del Regno di Dio.
È stata anche molto apprezzata l’organizzazione dell’assemblea, il cui merito va attribuito a don Mirko, che l’ha suggerita e poi realizzata mettendo in campo i suoi doni, compresa la sua spiccata sensibilità artistica.
A breve ci riuniremo con il Consiglio pastorale diocesano e con le équipe degli uffici pastorali per individuare insieme alcune iniziative concrete per il prossimo anno. Ma posso già indicare la scelta che ritengo prioritaria e che suggerisco fin d’ora a tutte le comunità parrocchiali, ma anche alle comunità religiose della nostra diocesi: la pratica dell’adorazione eucaristica.
Vorrei che in ogni zona si programmasse un tempo di preghiera davanti a Gesù presente nel sacramento eucaristico, in modo da coprire ogni giorno del mese per offrire ai fedeli una continua occasione di intimità e di confronto con il Risorto. La stessa cosa chiedo ai presbiteri, ai religiosi e ai diaconi, come già accennato nell’incontro del presbiterio a Sant’Ubaldo: un’ora di adorazione al giorno in modo da coprire l’intero mese per trovarci tutti e sempre con Gesù, il nostro signore e maestro.
Quello stesso Gesù che ci ha convocati in assemblea e che abbiamo incontrato nell’adorazione eucaristica mercoledì, giovedì e venerdì scorso, lo abbiamo oggi appena ascoltato. È l’evangelista Giovanni che riferisce le sue ultime volontà, scaturite dall’esuberanza del suo amore. Giovanni ci ha condotti in quella sala, al piano superiore, dove Gesù aveva dato appuntamento agli apostoli per le ultime raccomandazioni e come primo gesto aveva lavato loro i piedi, anche a Giuda il traditore, e li aveva esortati a ripetere quel suo gesto gli uni agli altri.
Poi era passato al comandamento nuovo: “che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati” (Gv 15,12). È chiaro il collegamento tra l’atto del lavare i piedi e il comandamento dell’amore: l’uno è segno dell’altro. Quei gesti e quelle parole questa sera Gesù li ricorda a noi, come singoli discepoli e come chiesa diocesana. Ma con quelle parole e quei gesti ha detto e dimostrato di considerare i suoi apostoli e tutti i suoi seguaci non dei sottoposti, ma amici, e amici amati.
Allora, come è carico di umano affetto l’appellativo “amici” anche per noi! Noi presbiteri, religiosi, religiose, diaconi, laici e laiche, da Lui scelti e, come dice Giovanni, “costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga”(Gv 15,16).
E Pietro ci ha appena ricordato nella seconda lettura: “stringendovi a lui, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo” (I Pt 2,4-5).
Se riusciremo a stringerci a Lui ci ritroveremo anche uniti tra di noi e saremo in grado di testimoniare, prima con la vita e poi con la parola, il suo messaggio di salvezza destinato a tutti gli uomini. Coraggio allora, Chiesa eugubina! Il Signore ha fiducia in noi e noi dobbiamo avere fiducia in noi stessi, in Lui e nel sostegno dello Spirito che Egli continuamente c’invia per essere capaci di vivere fino in fondo la nostra vocazione.
+ Mario Ceccobelli
Vescovo di Gubbio