Nel fine settimana, sabato 11 settembre, torna una delle feste ubaldiane più amate dagli eugubini, che a fine estate si ritrovano sulla cima del ‘colle eletto’ per rinnovare la devozione al loro patrono e protettore.
“La festa della Traslazione di sant’Ubaldo – ha scritto il vescovo Luciano Paolucci Bedini nell’ultimo numero del foglio di collegamento diocesano Camminiamo – ci ricorda che come popolo, unito e solidale, siamo invitati ad alzare lo sguardo verso l’alto e a rianimare la speranza, con l’aiuto del nostro grande santo patrono”.
La tradizionale giornata di solennità ricorda la traslazione del patrono eugubino, il cui corpo incorrotto l’11 settembre del 1194 fu trasportato dalla cattedrale alla cima del monte Ingino, nell’antica pieve dedicata a san Gervasio, dove ora sorge la basilica dedicata al santo.
Programma delle celebrazioni religiose
Per la preparazione alla festa, il sessantesimo successore del vescovo Ubaldo propone in questi giorni un itinerario che prevede tre giorni di esercizi spirituali al popolo – sul tema “Non sprecate parole” – e una veglia di preghiera la sera del 10 settembre.
È stato proprio mons. Paolucci Bedini a preferire un momento di raccoglimento “statico” nell’emiciclo ai piedi della basilica, rispetto al pellegrinaggio che – dalla cattedrale dei santi Mariano e Giacomo – potesse raggiungere il santuario ubaldiano, come accaduto lo scorso anno. Una processione suggestiva ed emozionante, con i bagliori delle luminarie e le soste nelle tre cappelline lungo gli stradoni, senz’altro da ripetere quando saranno cessate le preoccupazioni per l’emergenza sanitaria, prorogata fino al 31 dicembre 2021. Una decisione, quella di sostituire la processione con la veglia, presa proprio dopo l’esperienza 2020 – difficile garantire effettivo distanziamento e piena sicurezza – e per usare quest’anno il massimo della cautela possibile e ogni precauzione per evitare di favorire una ripresa dei contagi.
L’11 settembre, celebrazioni fissate alle ore 7-8-9-10-11 e quella pomeridiana alle 17, presieduta da mons. Luciano Paolucci Bedini.