“La speranza non delude!”: il vescovo Luciano apre a Gubbio l’Anno Giubilare

Dopo la celebrazione di ieri a Città di Castello, nella cattedrale dei Santi Florido e Amanzio, nel pomeriggio di oggi – domenica 29 dicembre 2024 – il vescovo Luciano Paolucci Bedini ha aperto il Giubileo 2025 anche per la Chiesa eugubina, con una liturgia presieduta nella cattedrale dei Santi Mariano e Giacomo.

Il Giubileo della Speranza

Il “Giubileo della Speranza” è l’Anno Santo indetto dalla Chiesa cattolica, celebrato ogni 25 anni. Questo periodo speciale è dedicato alla remissione dei peccati, alla riconciliazione e alla conversione spirituale dei fedeli. Papa Francesco lo ha avviato il 24 dicembre scorso, aprendo la Porta Santa della basilica vaticana di San Pietro.

Il tema: “Pellegrini di Speranza”

Il tema scelto per il Giubileo 2025 è “Pellegrini di Speranza”, un motto che sottolinea l’importanza del pellegrinaggio come metafora del cammino della vita, incoraggiando i fedeli a vivere questo periodo con speranza, solidarietà e rinnovata fede.

I segni del Giubileo

I segni distintivi del Giubileo 2025 includono: il Pellegrinaggio, i fedeli sono invitati a intraprendere pellegrinaggi verso luoghi sacri, in particolare a Roma, come simbolo del loro percorso di fede e penitenza; la Porta Santa, attraversare queste porte – le quattro delle basiliche romane – simboleggia il passaggio verso una nuova vita in Cristo; la Riconciliazione, il Giubileo è un tempo di riconciliazione e conversione, ponendo Dio al centro della vita e richiamando alla giustizia sociale e al rispetto della creazione, e i fedeli sono incoraggiati a riscoprire il valore della confessione per ricevere il perdono divino; l’Indulgenza plenaria, durante l’Anno Santo, il Papa concede l’indulgenza plenaria a tutti i credenti che soddisfano determinate condizioni, come la confessione, la comunione e la preghiera secondo le intenzioni del Santo Padre; la Carità, i fedeli sono esortati a compiere opere di misericordia e atti di carità verso il prossimo, riflettendo l’amore di Cristo attraverso gesti concreti di solidarietà; la Professione di Fede, il Giubileo invita a una rinnovata professione di fede, partecipando attivamente alle celebrazioni liturgiche e rafforzando il proprio impegno cristiano; la Preghiera, personale e comunitaria, è centrale durante il Giubileo, offrendo momenti di riflessione e approfondimento spirituale.

Questi segni offrono ai fedeli l’opportunità di vivere profondamente l’Anno Santo, promuovendo una crescita spirituale e una rinnovata relazione con Dio e con gli altri.

Il video della celebrazione

L’omelia del vescovo Luciano

Anche la diocesi eugubina, come tutte le altre, ha i suoi luoghi nei quali poter ottenere l’indulgenza giubilare. Si tratta della chiesa di San Francesco e della basilica di Sant’Ubaldo, a Gubbio, e della collegiata di Santa Maria della Reggia a Umbertide. Ecco il testo integrale dell’omelia pronunciata da mons. Paolucci Bedini all’apertura diocesana dell’Anno Giubilare in cattedrale. 

La speranza non delude! È questo il messaggio che con forza il Papa ha affidato a questo Anno Santo. L’orizzonte del cuore di ogni creatura umana è la speranza. Tutto il desiderio di vita che Dio ha seminato in ciascuno di noi necessita di speranza. L’esistenza di noi figli di Dio si comprende e si spiega solo nell’ottica della speranza. Nessuna delle capacità e delle attività umane porta frutto se non ha uno sguardo di speranza.

Purtroppo siamo tutti spettatori, e a volte persino protagonisti, delle conseguenze disumane che un mondo senza speranza certa e concreta è costretto a vedere e a subire. Senza la speranza di Dio e del suo amore ogni sorella, ogni fratello, diventano sconosciuti, nemici, stranieri, diversi, invisibili, inaffidabili, inferiori, inutili. E, nell’animo umano, questo motiva e giustifica troppo spesso il sospetto, il giudizio, l’indifferenza, la lontananza, lo sfruttamento, l’ingiustizia, l’abbandono, la violenza.

Nulla di tutto ciò è degno dell’uomo e, a maggior ragione, di un cristiano, di una creatura che si è scoperta figlio amato di Dio, che ha ricevuto la grazia della Pasqua ed è stato salvato dal Vangelo di Gesù. L’indice che misura la speranza del mondo misura anche la vita e la fede di noi credenti. Noi per primi abbiamo bisogno di accogliere di nuovo il dono della speranza in Gesù morto e risorto. La Chiesa, prima degli altri, deve continuamente riscoprire la sua identità di popolo della speranza e la sua responsabilità di custode della speranza. Chi, se non chi crede, e conosce la sorgente della vita e l’attesa beata dell’eternità, può mantenere accesa la fiammella della speranza nel mondo?

La speranza che non delude quindi è quella di Gesù, anzi è Gesù stesso la Speranza. Il Figlio di Dio che si è compromesso per sempre con la nostra umanità, per guarirla e rialzarla verso un orizzonte di salvezza eterna. Ogni vicenda umana soggiace a questa verità: solo nel Dio di Gesù Cristo c’è una speranza certa e provata. Ma nessun uomo potrà affidarsi ad essa se i figli di Dio non regaleranno al mondo la testimonianza di una vita trasformata dall’amore di Cristo e perciò segno vivo e credibile di fiducia e di speranza.

Nel Salmo abbiamo pregato: “Beato chi abita nella tua casa… Beato l’uomo che trova in te il suo rifugio e ha le tue vie nel suo cuore”.

Non credo sia un caso che, dopo l’apertura dell’anno giubilare e della porta santa a Roma nella notte di Natale, l’apertura del Giubileo per le Chiese diocesane sia caduta nella celebrazione della Festa della Santa Famiglia di Nazareth. Ogni attesa di speranza attraversa necessariamente la vita e il cammino delle nostre famiglie. Chi più delle famiglie sente sulle proprie spalle il peso delle fatiche e delle ferite che le riguardano? Chi avverte nel profondo l’attesa di gesti e di segni concreti che rianimino la speranza di tutti, se non le nostre famiglie? Chi rappresenta per ciascuno di noi, meglio delle famiglie, la possibilità di un rifugio sicuro, di una rete di affetti, di una speranza di futuro?

Dentro le nostre case si manifestano con maggiore crudezza le insidie di questo nostro tempo. Pensiamo alla fragilità delle relazioni affettive e ai continui assalti che subiscono da una cultura non rispettosa della persona umana. Il timore di progettare la costruzione di una nuova famiglia, sfuggendo al canto stonato delle sirene avverse che adorano il benessere personale prima che il dono di sé. La responsabilità enorme di accogliere la vita come un dono di Dio e di educarla nel corso degli anni e delle stagioni, mentre l’onere e l’onore della genitorialità è stretto e misconosciuto tra esigenze altre. La precarietà del lavoro, come contributo personale alla vita del mondo e sostegno dignitoso alla propria famiglia, troppo spesso sfruttato, senza tutele e scarsamente remunerato. Il pensiero per la salute dei nostri cari, specie i più piccoli e i più deboli, temendo di non poter contare sulle cure e sulle prestazioni di una sanità pubblica. La condanna della solitudine, nelle varie condizioni dolorose che l’esistenza ci riserva, quando viene a mancare una rete di solidarietà e di attenzione che ne possa sollevare il peso. E poi, o forse prima di tutto, coloro che, afflitti dai tentacoli della povertà, non arrivano neanche ad avere un casa, un lavoro, una cura sufficiente per l’educazione dei figli o la salute dei propri cari.

Il Vangelo di questa Festa termina così: “E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini”. Anche Gesù ha avuto bisogno di una casa, una famiglia, un’educazione e tutte le attenzioni per crescere. Come tutti, come ciascuno meriterebbe.

Ecco allora che l’annuncio della speranza non può che partire dalle nostre famiglie e per le famiglie tutte che abitano il nostro territorio. Gesti e segni concreti, per rianimare fiducia e speranza, possono essere pensati e realizzati a partire dalle condizioni di vita delle nostre famiglie. La comunità cristiana, che è famiglia di famiglie, ha la responsabilità e la missione stupenda di spalancare le proprie porte per accogliere ogni desiderio autentico di vita nuova, e di varcare le porte delle nostre case per conoscere, amare e servire la vita di ogni fratello e sorella. Se sapremo tenere aperte le porte del cuore non mancherà il soffio e l’ispirazione dello Spirito Santo a guidarci e spingerci laddove si continua ad attendere la luce e la brezza della speranza.

Viviamo questo Giubileo sul serio. Non perdiamo l’occasione di lasciarci rinnovare dal Signore. Iniziamo a mettere in pratica le indicazioni che stanno arrivando dal Cammino Sinodale delle Chiese in Italia. Rispolveriamo tutte le nostre risorse umane e spirituali e offriamole a servizio della speranza. Ogni comunità, piccola o grande che sia, inventi un segno o un gesto nuovo che riaccenda la gioia. Ogni famiglia, da sola o insieme ad altre, susciti occasioni nuove di fiducia. Ciascuno di noi, in forza della propria fede in Gesù, Speranza del mondo, compia un’azione d’amore che riattivi, in sé e nella propria famiglia, l’abbraccio dell’amore di Dio.

“Pellegrini di Speranza” è il tema-guida che il Santo Padre ha voluto dare a questo anno giubilare. Carissimi fratelli e sorelle, sentiamoci tutti invitati a percorrere insieme i sentieri che portano alla speranza. Mettiamoci anche noi in cammino e con fiducia compiamo questo pellegrinaggio che la fede ci indica. Uomini e donne di speranza, capaci di cercare e costruire motivi di speranza, consapevoli e responsabili di dover coltivare e custodire i germogli che continuamente il Dio della Speranza semina tra di noi.

Il Signore Gesù, Figlio di Dio e figlio dell’uomo, radice di ogni speranza, prenda per mano le nostre Chiese diocesane, le guidi sulle vie della pace e della riconciliazione, le infiammi del suo amore misericordioso e ci doni la gioia di mettere le nostre vite a servizio della speranza dei fratelli. Amen.

La galleria fotografica della celebrazione

(foto Barbara Bernabucci)