GUBBIO (23 agosto 2009) – La Chiesa cattedrale di Gubbio stamattina ha ospitato una celebrazione solenne ed emozionante per la chiusura della missione francescana “Giovani per i giovani” e per la professione temporanea di una giovane eugubina tra le Sorelle del Piccolo Testamento di San Francesco. Si tratta di Agnese Ceccarelli che, con i voti temporanei nel giovanissimo ordine religioso femminile diocesano, ha preso anche il nome di Agnese della Verità di Cristo.
Particolarmente toccante, nel corso dell’omelia pronunciata dal vescovo di Gubbio, mons. Mario Ceccobelli, il momento in cui il 59esimo successore di Sant’Ubaldo ha raccontato il “prodigio” accaduto dopo l’incidente e l’incendio al pullman che il 16 agosto scorso trasportava i giovani missionari siciliani verso Gubbio. Proprio Agnese, infatti, tra le rovine bruciate del bus aveva trovato un unico oggetto intatto e non toccato dalle fiamme: un piccolo crocifisso in legno, senza alcun danno, sepolto in mezzo alla carcassa del mezzo. Un episodio che dai francescani, religiosi e giovani laici, è stato considerato un segno di come la missione tra gli eugubini – iniziata così tragicamente, con la morte anche del motociclista che si era scontrato con il bus – dovesse assolutamente continuare, nonostante la tragedia.
Di seguito si riporta l’omelia integrale pronunciata stamattina in Cattedrale da mons. Mario Ceccobelli:
Carissimi,
la liturgia di oggi, con il ritornello del salmo, ci ha fatto ripetere: Gustate e vedete com’è buono il Signore.
Siamo qui, convocati dal Risorto, con il cuore che trabocca di gioia perché abbiamo gustato, in questi giorni in modo particolare, com’è buono il Signore; come lo stare con Lui è bello e rende la vita un’avventura meravigliosa che merita di essere vissuta, anche se non sono ad essa estranee le sofferenze, i combattimenti e purtroppo anche le contraddizioni tra quello che gustiamo e intuiamo nella fede e quello che viviamo nella quotidianità terrena.
L’invito a gustare quanto è buono il Signore ce lo hanno rivolto e ce lo ripetono questi fratelli (frati, suore, ragazzi/e e giovani) che sono saliti dalla Sicilia.
A loro va la mia profonda gratitudine per la testimonianza calorosa, gioiosa, entusiasta della loro fede, manifestata con parole e gesti che hanno toccato il cuore del popolo eugubino.
Durante la missione è stato gettato del buon seme. Ora tocca a noi accoglierlo; noi ne diventiamo responsabili. La sua crescita, fino a dar frutto, dipenderà dal terreno, cioè dal cuore di ciascuno di noi.
Sono certo che negli abitanti di Gubbio rimarrà una grande nostalgia di questa coinvolgente esperienza.
La mia gratitudine si è ulteriormente accresciuta quando i giovani, nonostante la tragedia che ha segnato l’inizio della missione, hanno deciso di continuare il programma.
Quell’incidente drammatico, nel quale ha perso la vita Leonardo, non si è trasformato in tragedia per il coraggio dell’autista Angelo: a lui la riconoscenza mia e dell’intera Chiesa diocesana.
Suor Agnese, il giorno dopo l’incidente, è risalita sulla carcassa bruciata del pullman e con grande meraviglia tra la cenere ha trovato un solo oggetto risparmiato dalle fiamme: un piccolo crocifisso di legno. Certamente sorprendente!
Padre Vittorio, che ha raccontato giovedì sera l’episodio, così lo ha commentato: “C’ero anch’io!”
Gesù era li con tutti voi, cari giovani. Lui non ci lascia mai soli. Lui è il compagno di viaggio, l’amico che non tradisce.
L’invito a gustare quanto è buono il Signore ce lo ripete oggi suor Agnese con la sua professione. Se alla mia domanda: Sorella carissima, che cosa chiedi a Dio e alla Santa Chiesa? Agnese risponde: la misericordia del Signore e la grazia di servirlo più fedelmente nella Fraternità delle Sorelle del Piccolo Testamento di S. Francesco;
e se all’altra domanda: Vuoi amare Dio con tutto il cuore nella castità, abbracciare l’altissima povertà del Signore nostro Gesù Cristo e della sua Madre poverella, vivere nell’ obbedienza del Figlio di Dio, che depose la sua volontà nella volontà del Padre, per seguire in tutto le sue orme, sull’esempio di S. Francesco? risponde ancora: Sì, lo voglio, è perché nel suo cammino di fede ha già sperimentato quanto è buono il Signore.
Mi piace ricordare che suor Agnese ricevette il battesimo il 18 marzo 1984, a Gubbio, durante una missione francescana ed oggi, dopo 25 anni, a chiusura di un’altra missione francescana, emette la sua prima professione all’interno di una comunità francescana, sorta proprio qui a Gubbio, dove Francesco si rifugiò dopo la sua spoliazione ed iniziò a vivere non più come figlio di Bernardone, ma di Dio, e dove imparò a riconoscere il volto di Gesù nel volto dei fratelli lebbrosi che servì con amore.
L’invito a gustare quanto è buono il Signore ce lo ricordano oggi anche Giosuè e il popolo della prima alleanza.
Essi sperimentarono la sua bontà riconoscendo il suo intervento nella loro storia:
“..è il Signore, nostro Dio, che ha fatto salire noi e i padri nostri dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile; egli ha compiuto quei grandi segni dinanzi ai nostri occhi e ci ha custodito per tutto il cammino che abbiamo percorso e in mezzo a tutti i popoli fra i quali siamo passati”(Gs 24,17.18).
Dio è intervenuto anche nel cammino di Francesco verso la santità; sta intervenendo in quello di Agnese chiamata a diventare qui a Gubbio, nella sua città, segno profetico del Regno di Dio e interviene in quello di tutti noi, che spesso non ci accorgiamo della sua protezione e della sua guida.
Ma la Parola di Dio oggi c’insegue e ci provoca con una domanda decisiva.
Giosuè, al popolo accampato davanti a Gerico, alle soglie della Terra promessa, impone una drastica decisione: sceglietevi oggi chi servire (Gs 24,15).
Ovvero: “servite gli idoli oppure il Signore Iddio”
Gesù, al termine del grande discorso nella sinagoga di Cafarnao, aveva dichiarato: Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo….in verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno… Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. ( Gv 6, 51ss).
E infine aveva posto la domanda ultimativa: Volete andarvene anche voi?(Gv 6,67).
Cari fratelli, questa domanda oggi Gesù la rivolge a ciascuno di noi.
Nel cammino della vita, chi scegliamo come maestro? Chi decidiamo di seguire? A chi ci appoggiamo, a chi consegniamo la nostra vita?
Di falsi maestri sono piene le cattedre del mondo, ma nessuno ha parole di vita eterna, nessuno conosce la via della vita, perché nessuno è tornato dal regno dei morti. Solo Gesù la conosce, perché soltanto Lui l’ha percorsa, solo Lui è sfuggito al potere della morte e ha sconfitto il suo regno.
È Lui il pane che sostiene il cammino di ogni creatura fornendogli l’energia per combattere contro il male e contro la morte, per giungere alla Terra Promessa, il Regno di Dio dove Lui ci ha preceduti e ci attende per vivere in eterno nella sua beatitudine.
Carissimi, nella seconda lettura abbiamo ascoltato l’apostolo Paolo che contrappone alla sapienza degli uomini la stoltezza di Dio: mentre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio. Perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini (1Cor 1, 22ss).
In Cristo confluiscono e si superano le esigenze mistiche e quelle razionali degli uomini, rappresentate in questo caso da Giudei e Greci, perché in Cristo si celebra la pienezza dell’umanità e della divinità.
E questa è la sua potenza, che conferma la sua infinita grandezza proprio con l’accoglienza del dolore e dello scandalo della croce, ossia con ciò che sembra stolto alla sapienza soltanto umana.
È la sfida ai sapienti del mondo che dobbiamo lanciare anche noi riscoprendo ogni giorno la nostra chiamata, la nostra vocazione.
Alla sapienza del mondo rispondiamo con la debolezza dell’amore, alla violenza dei prepotenti rispondiamo con la fragilità del perdono, perché amore e misericordia sono l’immensa forza di Dio.
Il vigore necessario per vincere la sfida ce lo dona il Pane disceso dal cielo.
Per questo noi continuiamo ad accostarci con fede alla mensa dell’Eucaristia: per mangiare il corpo e bere il sangue del Signore, per rimanere noi in Lui e Lui in noi.
Per rispondergli, come Simon Pietro:
Signore, da chi andremo? Solo Tu hai parole di vita eterna (Gv 6,68).
+ Mario Ceccobelli
vescovo di Gubbio