Solennità dell’Immacolata: il testo integrale dell’omelia di mons. Mario Ceccobelli

 

GUBBIO (8 dicembre 2008) – Pensando di fare cosa gradita, trasmettiamo il testo integrale dell’omelia che il vescovo di Gubbio, mons. Mario Ceccobelli, sta per pronunciare nella Chiesa di San Francesco per la solenne celebrazione della solennità dell’Immacolata Concezione. La santa messa inizia alle ore 18 e, quindi, il testo dell’omelia è da considerarsi sotto embargo fino al pronunciamento della medesima e comunque almeno fino alle ore 18,30.

Cogliamo l’occasione anche per evidenziare che, in occasione della presentazione della quarta Lettera pastorale di mons. Ceccobelli, un settimanale eugubino free press ha pubblicato nella rubrica delle lettere al direttore un comunicato stampa dell’Ufficio comunicazioni sociali, trasformandolo in prima persona e firmandolo a nome del Vescovo.

Una decisione a dir poco “sconcertante” che denota quantomeno leggerezza, se non addirittura scarsa professionalità di redattori e coordinatori di redazione. La speranza è quella che certe “manomissioni” non si ripetano più. Per altro, ci sembra alquanto inappropriata – dal punto di vista giornalistico ed editoriale – la presentazione di un documento così importante per la Chiesa eugubina (come una Lettera pastorale del Vescovo) nella rubrica delle lettere al direttore, salvo poi dedicare intere pagine (o doppie pagine) in altre parti del giornale ad argomenti a dir poco “leggeri”. Ma naturalmente quest’ultimo aspetto attiene alle scelte di chi coordina la redazione e su questo niente da opinare.

Vero è che, quanto pubblicato nella rubrica delle lettere, è una sorta di “falso giornalistico” che – come detto – speriamo non si ripeta in futuro.

Grazie per l’attenzione e la collaborazione. Saluti e buon lavoro. DM

Quella dell’Immacolata è tra le feste più solenni della nostra Chiesa diocesana. A Gubbio, come a Umbertide, l’Immacolata è celebrata con grande partecipazione di fedeli e delle Autorità presenti con i loro stendardi.

Mi piace pensare a quando, solo qualche decennio fa, folle di fedeli accorrevano a questa celebrazione con grande fervore.

Più di una volta il vescovo Pietro, nato a Umbertide, mi ha parlato della popolazione locale festante intorno alla Madonna, come pure del popolo eugubino raccolto nella Chiesa di San Francesco per lodare ed invocare l’Immacolata.

Certo, potremmo anche chiederci se quell’entusiasmo e quella partecipazione di massa fossero il segno di una fede autentica e matura o piuttosto l’adesione ad una tradizione che vedeva coinvolto il cuore più della ragione.

E per noi, oggi, accorrere ancora molto numerosi intorno all’Immacolata, quale significato assume?

Vorrei aiutare voi e me a comprendere il senso di questa solennità.

Ci permetterà questa comprensione la Parola di Dio appena proclamata.

Noi conosciamo la storia fatta dagli uomini, contrassegnata da date e vicende: sono quasi sempre episodi di guerre, battaglie, vittorie e sconfitte, che hanno deciso per lunghi periodi le sorti di intere nazioni e sono state sorgenti di grandi sofferenze e di odi prolungati. Questa è la storia degli uomini, che con le loro decisioni libere ne hanno scandito il cammino.

Ma c’è anche un’altra storia, quella che Dio ha intessuto e intesse con l’intera umanità.

Una storia che Egli ha rivelato attraverso uomini da Lui illuminati e che è scritta nella grande collezione della Bibbia. È da lì che in ogni celebrazione vengono prese le letture che ci aiutano a comprendere il grande disegno di Dio su questa nostra umanità.

La prima lettura appena proclamata, tratta dal primo libro della Bibbia, “La Genesi”, ci racconta con un linguaggio poetico ed allegorico come fin dall’inizio della sua creazione l’uomo abbia fatto un cattivo uso della sua libertà. Sollecitato e tentato da un nemico, ha pensato che il suo Creatore, con il quale aveva un rapporto di confidenza e di amicizia, volesse limitarla e fosse geloso dei poteri della sua creatura.

Ha voluto, Adamo, sganciarsi dalla dipendenza dal Creatore per essere lui il protagonista della sua storia e decidere in maniera autonoma il bene e il male; per essere come Dio.

Questa tentazione riguarda l’umanità intera; è quindi propria dell’Adamo che si trova in ogni creatura umana che riceve il dono della vita. È in ciascuno di noi.

La disobbedienza di Adamo, la sua presunzione, aprono un baratro tra la creatura e il suo Creatore, tra Dio e l’umanità, ma la creatura non viene abbandonata dal Creatore. Nel processo che segue il primo peccato, quando Dio si rivolge al serpente, fa una promessa: Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno (Gn 3, 15-20).

È in questo contesto che si inserisce la solennità dell’Immacolata.

Per adempiere la sua promessa, Dio prepara una famiglia umana, quella formata da Gioacchino e da Anna, che vivevano nella Terra conquistata dalle dodici tribù uscite dalla schiavitù di Egitto e che nella lunga marcia nel deserto avevano acquistato la consapevolezza di essere un popolo guidato da Dio verso una terra da Lui assegnata ai loro padri.

Da Anna, anziana e sterile, sarà concepita e partorita Maria, destinata ad essere la madre del Figlio di Dio.

In lei si compirà la profezia:

Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che chiamerà Emmanuele (Is 7, 14).

È per questa missione straordinaria ed unica che Maria sarà concepita senza peccato originale.

Fin dal suo primo istante di vita Ella è stata preservata da questa ferita e dalle sue conseguenze proprio in vista del compito inaudito che più tardi le sarebbe stato chiesto: diventare strumento di Dio per restaurare quella condizione di giustizia originaria persa con il peccato dei progenitori.

È lei la donna di cui parla la prima lettura: è la creatura destinata a partorire il Figlio che schiaccerà la testa del tentatore.

Questa scena simbolica e drammatica, un suggello alla storia della salvezza, è stata immortalata con grande efficacia anche dal pennello inconfondibile del Caravaggio. In una sua famosa tela egli raffigura Maria che sorregge Gesù bambino con il piede posato sopra quello della madre, intenta a schiacciare la testa del serpente.

Con la solennità dell’Immacolata la liturgia ci fa contemplare l’inizio di una storia meravigliosa e umanamente impensabile, che ha la sua prima radice in una famiglia umile e unita nell’amore e nella fede: quella di Gioacchino e Anna, e della loro figlia Maria.

Un altro passaggio decisivo di questa mirabile storia lo troviamo nel Vangelo ora proclamato:

L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te» (Lc 1, 26-28).

È questo il primo contatto di Dio con la giovane di Nazaret, e dal saluto comprendiamo la sua singolarità.

Prima di chiamarla con il suo nome, Maria, l’angelo la chiama piena di grazia, cioè colei che da sempre è stata resa bella da Dio e abitata dal suo amore, dalla sua compiacenza. In questa bellezza donata sta la sua identità più profonda e più vera.

Al turbamento di Maria, l’angelo risponde spiegando come avverrà il prodigio, quale sarà il frutto del concepimento e la missione cui sarà chiamato:

Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».

Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio (Lc 1, 31-35).

Per rendere possibile il suo progetto, Dio ha bisogno del consenso di Maria, che nonostante la sua immacolata concezione rimaneva libera di decidere se accogliere o rifiutare di diventare la madre del Figlio di Dio.

Ma, a differenza di Eva, Maria si fida di Dio e si dichiara disponibile: Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola (Lc 1, 38).

E così, nel suo grembo, prende dimora Dio. È lei il ponte che congiunge il cielo e la terra. Dopo venti secoli di cristianesimo noi abbiamo preso confidenza con questa realtà e con questo linguaggio, ma cerchiamo di recuperare lo stupore per questo evento che rende Dio compagno di ogni uomo nel suo cammino terreno.

Con il sì di Maria inizia la storia preannunciata della redenzione, che nella seconda lettura l’apostolo Paolo ci mostra compiuta in Gesù.

In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà (Ef 1, 4-6).

La vocazione di Maria era unica e del tutto speciale, ma anche quella di ciascuno di noi è unica; per ciascuno c’è un disegno, un progetto, in vista della nostra realizzazione e del raggiungimento della pienezza della vita nel Regno di Dio.

Come Maria, anche noi siamo liberi di rispondere o meno alla vocazione. Questo è il modo di operare di Dio verso gli uomini: non costringe, non fa violenza, ma desidera una adesione libera e gioiosa alla sua volontà. La sua è una presenza discreta che ci si pone a fianco per costruire insieme la nostra storia. Egli poteva determinare le nostre scelte affinché comunque corrispondessero al suo disegno di amore, ma ha voluto salvaguardare la nostra libertà. Ossia ha voluto che il suo amore fosse corrisposto, perché maturasse vero, pieno, frutto di un intesa e di una condivisione che sono del resto le condizioni essenziali anche per un autentico amore umano.

Tutti siamo destinati ad un futuro di gloria, ad essere “santi e immacolati” per diventare una sola cosa con Gesù.

Dio ci regala una grande prospettiva che richiede però la nostra collaborazione e la nostra responsabilità.

Oggi la Chiesa ci invita a contemplare Maria, la tutta bella, la piena di grazia, che tuttavia non è stata dispensata dal conformare ogni giorno di più la sua vita a Dio.

Ha dovuto compiere scelte libere in un percorso spirituale che l’ha portata, prima fra tutte, ad abbracciare la croce.

Il suo cammino è simile a quello di ogni figlio di Dio, che nel battesimo inizia un itinerario di risposta all’amore del Signore.

A Maria possiamo guardare non solo come come modello da seguire nel rispondere alla nostra vocazione, ma anche come mediatrice di grazie per realizzare il disegno che Dio ha riposto in ciascuno di noi.

E allora, pur nella nostra condizione ben inferiore a quella di Maria, ricordando la promessa di Dio e il nostro destino di gloria, impegnandoci ad imitare l’Immacolata, anche noi potremo cantare il nostro Magnificat:

Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente e grande è il suo nome!”.

+ Mario Ceccobelli